OTTOBRE 2013 NILDE IOTTI SECONDA PARTE

notizia pubblica il 06/11/2013 - ultimo aggiornamento del 06/11/2013

Nilde è sempre stata sola e finalmente quell’amore l’ha resa libera. Dirà in una sua lettera: “…..Se tu sapessi quanto sforzo io debba fare per parlare di me! Quale timore e quale angoscia io provo nel mostrare i miei sentimenti. Perché ? Forse perché c’è stata sempre solitudine intorno a me . (….) Quando ti dico che non ci sono stati uomini nella mia vita, tu non credi, ma è vero e la ragione è forse nel mio temperamento. O erano degli sciocchi insensibili, e li ho disprezzati, o sentivano la barriera invisibile fra me e loro e si sentivano impossibilitati a sormontarla. (….) Quale Dio ti ha insegnato la strada segreta per cui mi hai conquistato senza che io potessi accorgermene ? Per la prima volta io non sono stata più sola e ho sentito cadere le sbarre della mia prigione come per un incanto”.

UNA “PRINCIPIANTE” ALLA COSTITUENTE

I lavori della Commissione dei 75 stavano entrando in una prima e fervente fase operativa.

A Nilde viene assegnato il tema della famiglia, riportiamo in breve gli argomenti di cui si fece carico con determinazione e serietà :

 

PARITA’ FRA UOMO E DONNA

Di fronte, come co-relatore, si troverà un avversario temibile: Camillo Corsanego, un leader del vecchio Partito Popolare, esperto di diritto ecclesiastico, avvocato e professore universitario.

Il compito di Nilde è difficile; dovrà impostare la politica del Partito Comunista su temi delicatissimi come quelli della famiglia, del matrimonio, della legislazione dei minori.

Per Corsanego non ci sono dubbi: la famiglia è “unità naturale e fondamentale della società”. Per lui la Costituzione repubblicana doveva limitarsi a una presa d’atto di quelli che erano i “diritti dei singoli, i diritti delle società o delle comunità naturali”.

Per Nilde Iotti se la Costituzione non avesse affrontato, insieme ai temi della famiglia, anche quelli della parità, e stabilito principi chiari, ancora una volta avrebbe condannato la donna a rientrare nell’ombra e l’avrebbe esclusa dal processo storico di emancipazione, peraltro appena avviato.

E proprio quando si entra nello specifico dell’organizzazione familiare che le divergenze si accentuano.

Nilde si batte per la perfetta uguaglianza delle due componenti fondamentali marito/moglie, padre/madre. Per lei entrambi i genitori devono godere degli stessi diritti e devono adempiere agli stessi doveri.

Invece Corsanego teme che la caduta di un “capo” riconosciuto all’interno della famiglia possa farla precipitare nell’anarchia.

Alla fine il tema della parità salariale fra uomo e donna trova attento ascolto nel suo concittadino Giuseppe Dossetti.

Gli argomenti di Nilde Iotti riescono infine a prevalere e si conquista anche il diritto per le donne di entrare in magistratura. In quest’ultimo punto l’avversario più agguerrito contro la Nilde Iotti è l’onorevole Leone perché lo stesso ritiene che “solo gli uomini possono mantenere quell’equilibrio di preparazione che più corrisponde per tradizione a queste funzioni”.

 

INDISSOLUBILITA’ DEL MATRIMONIO

Altro tema di confine è quello dell’indissolubilità del matrimonio.

La scelta di affrontarlo con gli argomenti della politica non fu felice.

Nilde fa quello che può, cerca di resistere, si accalora, ma non può convincere più di tanto. Sa bene che l’imperativo del suo partito , e in primis del suo segretario, è uno solo: non rompere con la Dc !

Togliatti ai dirigenti comunisti riuniti in Comitato centrale aveva detto a chiare lettere: “Vorrei domandare a voi se oggi ci conviene dare alla Democrazia Cristiana ( …… l’occasione ) di iniziare nel Paese una grande battaglia contro di noi dicendo che vogliamo dissolvere la famiglia” .

 

 

PATTI LATERANENSI FRA STATO E CHIESA

Nilde Iotti, nonostante le competenze ormai acquisite rimane in ombra. Sull’argomento trattano Mario Cevolotto, laico consapevole, a tratti anticlericale e Giuseppe Dossetti, cattolico convinto.

Interessante è riportare il suo racconto sulla riunione congiunta del gruppo parlamentare comunista e la direzione del partito, quando fu deciso di approvare l’articolo 7 che manteneva i patti lateranensi invariati:

La discussione durò tutta la giornata. (….) Fu molto interessante perché i contrari a votare l’articolo 7 erano i vecchi compagni della clandestinità (…..) ma noi giovani non riuscivamo a capire la carica che mettevano questi vecchi nel sostenere queste tesi che a noi parevano solo anticlericali. Noi avevamo vissuto il Concordato e non era successo niente! Noi avevamo fatto la guerra di Liberazione, ci eravamo trovati nelle Canoniche assieme a quelli delle Fiamme verdi – dico Fiamme verdi che erano da noi le formazioni democristiane – a discutere cosa si doveva fare , o c’eravamo trovati in una casa di contadini comunisti e nulla ci aveva impedito di fare tutto questo”.

 

PENSIONE ALLE CASALINGHE

IL progetto presentato proprio da Nilde Iotti nel 1955 è diventato legge nel 1963.

Il provvedimento approvato è meno favorevole per le donne perché prevede solo contributi su base volontaria senza alcun intervento dello Stato, come voleva la Iotti.

La stessa Nilde però, pur riconoscendo la debolezza e la fragilità della legge, non mancava di apprezzarne la novità quando dopo tanti anni fu approvata. “Per la prima volta nella storia, le donne italiane, sia pure in modo ancora timido e insufficiente, vedevano riconosciuto il “valore” del loro lavoro domestico, mai più servile.”

 

ADOZIONE DI ANTICONCEZIONALI

La battaglia per l’uso degli anticoncezionali per il controllo delle nascite fu portata avanti principalmente dalla rivista “Vie Nuove” con un referendum sulla contraccezione nel 1957.

La Iotti fu molto attiva anche in questo lavoro di sensibilizzazione che in parte poi accettò anche la Chiesa con l’enciclica “ Humanae vitae “del 1968, dopo il Concilio di Papa Giovanni, che decretava leciti, per una “paternità responsabile”, soltanto i metodi contraccettivi “naturali” e metteva però al bando quelli di origine chimica o artificiale.

 

ABOLIZIONE DEL REATO DI ADULTERIO

Nel 1963 Mina convive con il suo compagno, Corrado Pani, e la moglie quindi denuncia l’attore per abbandono del tetto coniugale. Per Mina non c’è rischio giudiziario, è nubile. Pani, il marito, essendo un uomo non rischia troppo e una punizione per lui scatta soltanto se la relazione è “stabile e conclamata”.

Ma alcuni anni prima un caso di cronaca altrettanto clamoroso aveva dimostrato quanto le conseguenze dell’adulterio femminile fossero ben più pesanti ! Giulia Occhini, la compagna del ciclista Fausto Coppi, denunciata dal marito, aveva subito mesi di carcere. L’infedeltà procedeva a due velocità; quella femminile correva più in fretta e conduceva ad un baratro dentro al quale precipitava la solidità del matrimonio e della famiglia. Quella maschile era ben più lenta perché aveva dalla sua parte un costume consolidato.

Nilde Iotti dette un contributo determinante per far cessare questa disparità scandalosa.

 

L’INSEGNAMENTO DELLA STORIA NELLE SCUOLE

Nilde Iotti critica fortemente il metodo di insegnamento della storia contemporanea nelle scuole italiane di qualsiasi grado. Vecchiezza dei libri di testo, la faziosità degli autori, il ruolo ancillare assegnato alla storia nei programmi scolastici, la necessità di affrontare in forme dialettiche la complessità della materia, erano sotto gli occhi di tutti.

Del resto anche la sua esperienza didattica fatta nell’istituto tecnico dove aveva insegnato la metteva al riparo dal sospetto di plagio. Tutti sapevano come lei aveva trattato questa materia così importante nella formazione dei giovani.

CON LA CORTINA DI FERRO MUORE ANCHE IL “ PARTITO NUOVO”

L’Assemblea Costituente lavorò fino al 31 gennaio 1948 e il 18 aprile gli italiani avrebbero eletto nuovi rappresentanti.

La guerra fredda anche in campo internazionale è una realtà. Usa e Urss mobilitano i rispettivi alleati. Il fronte comunista stava scricchiolando. La Jugoslavia di Tito è accusata di “deviazionismo” ed i sovietici partono per primi costituendo il Cominform (organo di consultazione e di coordinamento permanente fra i partiti comunisti).

Poco dopo l’Occidente risponde con la Nato.

La divisione del mondo in due campi contrapposti è cosa fatta.

Nel congresso comunista che si tenne a Milano Togliatti voleva difendere con forza il “partito nuovo” che aveva in animo di creare ma alla sua sinistra le componenti più ortodosse rivendicavano una linea meno “ morbida” in politica interna, e soprattutto un legame più stretto con l’Unione Sovietica. Pietro Secchia, il più spostato a sinistra, sarà quindi il vicepresidente.

STALIN HA MOLTO A CUORE LA SALUTE DI TOGLIATTI

Poco prima del congresso sopra detto, Secchia, in un’inconsueta missione solitaria, si era recato a Mosca ed aveva parlato direttamente con Stalin che sembra si era informato sulla salute di Togliatti con un’insistenza tanto pressante da risultare sospetta.

Sembra impossibile che Secchia in quella occasione non abbia calcato la mano confidando al suo potente interlocutore quella nuova relazione affettiva che legava il segretario italiano a una compagna più giovane e con una storia politica non proprio specchiata (Università Cattolica).

Secchia riferiva di aver detto a Stalin che il suo segretario “ mangia poco, dorme pochissimo e lavora troppo” e allora il “piccolo padre” arriva a raccomandare ai compagni italiani di “…. controllare che il compagno Togliatti mangi 3-4 volte al giorno e dorma di più (….) il compagno Stalin chiede di far sapere al compagno Togliatti la sua richiesta personale di aver cura di sé e di non esaurirsi (…..) altrimenti il compagno Togliatti finirà male e ciò non serve a nessuno”.

LE ELEZIONI DEL 18 APRILE 1948

Il 92% degli elettori si recò alle urna.

Lo scontro era determinante per l’Italia e la Democrazia cristiana e i suoi minuscoli alleati ottengono una maggioranza schiacciante, forse imprevista di quelle dimensioni.

Bisognava correre ai ripari, almeno per arginare i danni di una disfatta che, scontata la delusione elettorale, rischiava di mettere a repentaglio la stessa tenuta della democrazia e, in particolare, quelle regole appena condivise e sottoscritte nel patto Costituzionale.

Togliatti fa un “capolavoro” di equilibrismo; cerca di rianimare i compagni , anche per non prestare il fianco alle prevedibili critiche moscovite, e, soprattutto per non compromettere il disegno politico del “ partito nuovo” che aveva in animo di realizzare.

 

 

L’ATTENTATO AL SUO UOMO IN QUEL CLIMA INFUOCATO

Certo in quei giorni tutto faceva presagire che lo scontro non si sarebbe fermato alle aule parlamentari. Il clima di astio e il furore delle passioni politiche che avevano contraddistinto la campagna elettorale si erano addirittura acuiti, e il rischio di un gesto di follia o comunque di una provocazione era nell’aria.

Riportiamo quello che Nilde Iotti scrive su quel vile attentato:

Uscivamo insiemequella mattina del 14 luglio, verso le undici e mezza, Togliatti ed io dal Parlamento. Parlando tranquillamente fra noi giungemmo alla piccola porta di via della Missione (…..) avevamo percorso soltanto pochi metri e all’improvviso qualcosa di pauroso sembrò stagnare nell’aria offuscandone la luce ; che cosa erano quei due, tre scoppi che risuonavano alle nostre spalle, così vicini a noi ? Vidi Togliatti cadere a terra; mi precipitai, mi inginocchiai accanto a lui. In quell’istante un’ombra scura ci fu accanto - io intravidi la canna lucente di una pistola. Mi gettai d’istinto sul petto di Togliatti e forse questo gesto fece deviare, all’ultimo istante, la mira dell’assassino e colse il nostro compagno solo di striscio, sul fianco. Allora gridai con tutta la mia voce. Io non so quanti attimi siano trascorsi o quante ore; la vita intorno si era come fermata : non c’era il rumore della città operosa : c’era solo un grande silenzio e, in quel silenzio, quegli scoppi paurosi sul nostro compagno caduto. Il suono stesso della mia voce mi ridiede la sensazione della realtà, e quel grande silenzio si ruppe. Io vidi allora il volto dell’assassino quando due carabinieri che solo al mio grido si erano mossi, lo portarono via. Togliatti era a terra con gli occhi chiusi, inerte, “morto”. Io non posso dire ciò che ho provato allora: dopo abbiamo tutti sofferto e, a sperare, ci pareva che la nostra sofferenza fosse anche una forza che potesse salvare il nostro compagno. Allora ero sola e lo pensavo morto. (…..) Misi la mano sotto la sua testa e la sentii bagnarsi di sangue. La ritrassi adagio e in quell’istante Togliatti aprì gli occhi : erano i suoi occhi penetranti, tranquilli di sempre: gli occhi di Togliatti “vivo” che mi guardavano sereni. Mi sentii, all’improvviso, dopo l’orribile angoscia, una strana calma dentro : lo “seppi” in quel momento, nel modo più sicuro, che Togliatti sarebbe vissuto, che quell’uomo che per i lavoratori e la nostra patria aveva combattuto e vinto tante battaglie, per i lavoratori e per l’Italia avrebbe vinto la più difficile battaglia: avrebbe vinto la morte”.

Secchia avverte immediatamente Rita Montagnani , che sopraggiunge da Torino.

Intanto Nilde, fuori dalla sala operatoria, attende con ansia l’esito dell’intervento. Ma lei non può rimanere in quelle stanze. Stanno per arrivare la moglie e il figlio, la “vera” famiglia di Togliatti. Nilde, ancora una volta, è “un’intrusa”. Ma non per questo rinuncia al posto che sa di occupare nel cuore del suo compagno e, con un colpo di fantasia, decide di “forzare” la protezione delle guardie messe a piantone di fronte alla stanza di Togliatti. Nonostante il loro imbarazzo non esita ad esibire il suo tesserino di deputata e a dichiarare, quasi con impudenza : “sono un parlamentare, fatemi passare. E – conclude – …. passai !”.

LA PICCOLA MARISA CON GLI ZII …….. ACQUISTATI

Marisa era giunta a Roma il 26 aprile 1950 da Nonantola, un piccolo paese della provincia di Modena. La sua era una famiglia di mezzadri povera e numerosa. Solo un figlio, Arturo, aveva abbandonato la vita dei campi per farsi operaio a Modena. E proprio Arturo, a vent’anni, con altri cinque suoi compagni, era stato ucciso dalla polizia, nel corso degli scontri seguiti a uno sciopero generale.

Nilde e Palmiro, all’indomani di quell’eccidio, decisero di “ospitare” la più piccola di quella grande famiglia per “farla studiare”.

Nilde e Togliatti speravano che, sotto l’ombrello di quella decisione forte e “politicamente corretta” potesse trovare un riparo anche la loro relazione, ormai stabile da anni, ma ancora non accettata dal partito.

La piccola Marisa poteva, in parte, colmare un desiderio di maternità e paternità che entrambi avvertivano, e offrire loro un angolo di “normalità”. Insomma finalmente potevano sentirsi una famiglia, forse eccentrica, ma come spesso ripeteva Nilde Iotti fondata sull’amore e sull’affiatamento.

In più, purtroppo, sullo sfondo della loro vita, si stagliavano due figure incombenti, che rivendicavano diritti imprescindibili: Rita Montagnani, la moglie legittima, e Aldo, quel figlio ormai adulto che viveva in penosa solitudine un profondo disagio psicologico.

L’INCIDENTE CON L’APRILIA IN VALLE D’AOSTA

Marisa era la consolazione della casa di Nilde e Palmiro Togliatti e la Iotti in un suo scritto ci fa comprendere la consolazione di questa creatura per lo zio dicendoci che :

Certo oggi è diversa assai da quella bimba timida e ignara che era quando arrivò. E molta parte della sua personalità ella la deve a Togliatti, alle sue cure continue, all’attenzione che egli pone alla sua educazione (….) Quello che forse Marisa non sa o non comprende ancora è che essa dà molto allo zio Palmiro: la sua presenza festosa, la sua tenerezza, il suo saluto che non manca mai, neppure quando Togliatti rientra tardi la notte dal lavoro e Marisa si sveglia al rumore della macchina e grida dalla sua stanza, con la voce piena di sonno : “buona notte zio” sono per Togliatti un motivo di gioia e di serenità, sono senza dubbio un notevole aiuto per rendere meno faticoso e duro il suo grande lavoro”.

In quei tre anni Marisa aveva visto tante cose straordinarie e non solo con gli occhi. In quella famiglia tutto era nuovo e diverso, anche il dolore.

Nella prima vacanza in valle d’Aosta, Marisa è in macchina con gli zii e poco dopo mezzogiorno accade l’incidente. L’Aprilia che li trasportava esce di strada, dopo uno scontro frontale con un camioncino. Nilde è incolume e così Marisa, che per prima viene estratta dall’abitacolo. L’unico ferito è Togliatti. Marisa disperata, seduta sul ciglio della strada, riesce ad intravedere il suo volto coperto di sangue, e il corpo riverso, senza un segno di vita. Poi Togliatti si riprende, l’incidente sembra senza conseguenze, ma a metà ottobre comincia a soffrire di mal di testa. Marisa lo sa bene che lo zio non sta bene perché le è impedito di andare nel suo studio, a sedere di fronte a lui, che lavora, a fare i compiti scolastici.

Poi le condizioni di Togliatti si aggravano e i medici Cesare Frugoni e Ugo Cerletti decidono di intervenire subito ma siccome l’operazione è a rischio, chiedono il consenso di un familiare.

Togliatti non è più cosciente e in quella stanza un familiare non c’è. Nilde questa volta ha il conforto di stare accanto al suo uomo, ma non può essere lei a decidere.

Solo il partito può dare quell’autorizzazione. Finalmente dopo un lungo rimpallo fra i due vicesegretari Longo e Secchia, quell’assenso arriva.

In quel convulso altalenante di angoscia e di sollievo, alla fine tutti e tre della famiglia di Togliatti ritrovano un po’ di serenità a Sorrento, dove il segretario va a recuperare le forze.

E’ “ Vie Nuove” a informarci della guarigione di Togliatti con un servizio fotografico dove lo si intravede con un grosso cerotto che gli copre l’orecchio sinistro.

Il segretario sorride ad amici e conoscenti e, per la prima volta in quella rivista, accanto a lui è ritratta Nilde Iotti e al suo fianco la piccola Marisa.

 

A MOSCA CON NILDE E MARISA A DIRE DI NO A STALIN

Poi, dopo la vacanza a Sorrento il ritorno precipitoso a Roma.

Si deve ripatire in fretta per una destinazione molto lontana: Mosca.

L’accoglienza nella capitale sovietica è regale. Alla stazione li aspettano ossequiosi un’infinità di funzionari del Pcus e di dirigenti più in vista.

Alla bambina non sfugge però che in quei giorni, trascorsi tra grandi palazzi e dacie accoglienti, allo “zio” stavano succedendo cose strane; cose che mettevano in tensione sia lui che zia Nilde.

Persino Stalin era venuto nella loro dacia e, dopo che se ne era andato, gli zii le erano apparsi molto tesi ed abbattuti.

Stalin aveva proposto con forza a Togliatti di assumere il segretariato generale del Cominform e di risiedere a Praga.

Gli argomenti portati da Stalin erano ragionevoli e convincenti : la situazione mondiale era drammatica, si stava profilando il rischio di una terza guerra mondiale e il Cominform doveva essere retto con mano ferma. Solo Togliatti per la sua esperienza poteva sostenere quella responsabilità. Gli incontri si ripetono e le insistenze di Stalin si fanno sempre più pressanti.

La direzione del Pci, a Roma, riunita per discutere quell’argomento, accoglie la proposta di Stalin. Longo e Secchia partono subito per Mosca con il “compito” di spiegare al loro segretario che non doveva rifiutare un incarico così prestigioso perché, anche se dall’estero, non avrebbe dovuto abbandonare il partito italiano. Sarebbe stato al vertice del Cominform e insieme responsabile di un centro estero del Pci con residenza a Praga.

Togliatti è irremovibile. La delegazione italiana tornava in Italia e gli preparava una seconda doccia fredda: con l’eccezione di Terracini e Di Vittorio, la direzione del Pci votava di nuovo per l’allontanamento del loro segretario dall’Italia.

Il documento di questa nuova decisione viene consegnato al segretario a Mosca da Secchia e Colombi ma Togliatti non cambia idea.

Togliatti tornava in Italia e per sempre.

E così fu. E per lui quel luogo sarebbe stato definitivamente sbarrato: il segretario del Pci avrebbe rivisto Mosca soltanto nel marzo del 1953, come capo della delegazione italiana ai funerali di Stalin.

LA SEPARAZIONE LEGALE

Nel 1950 Palmiro Togliatti e Rita Montagnani ottengono la separazione legale.

La Montagnani, fin dall’adolescenza nell’ambito del partito, era diventata un po’ alla volta più un funzionario che una moglie. Educata giorno per giorno, per tanti anni alla scuola del partito, essa aveva finito per adottarne anche il linguaggio, il modo di ragionare, perfino la cadenza. Dopo le prime esperienza di una ragazza un po’ “ribelle” in famiglia c’era stato l’incontro politico con Togliatti, quindi l’amore, la nascita di un figlio, la vita errabonda di rivoluzionaria professionale, e infine il ritorno in Italia e la crisi del suo matrimonio.

Ormai Rita abitava stabilmente nel capoluogo piemontese.

Aldo, suo figlio, era ritornato dall’Urss nel 1945, ora studiava al politecnico, aveva trovato un piccolo impiego alla Sip.

Togliatti non lo aveva abbandonato, ma non era riuscito a stabilire con quel figlio un rapporto, né d’amore, né di condivisione. La madre doveva quindi sentire su di sé tutta la responsabilità della cura di Aldo, quel giovane triste e fragile che non poteva essere lasciato solo.

Rita stava soffrendo non soltanto per quello. Al dolore privato si era aggiunto un problema altrettanto complicato che riguardava il suo lavoro. Certo, aveva sempre il suo seggio in Senato, ma è l’attività politica nel partito che ora viene messa in discussione. In una lettera, dopo inutili colloqui con Longo e Sereni, decide di rivolgersi direttamente al segreteria del Pci chiedendo di sapere i motivi che stanno alla base del suo ventilato allontanamento dalla Federazione di Torino.

Per paradosso anche la sua “rivale” Nilde Iotti era oppressa dalle stesse insoddisfazioni. Certo a Nilde non mancavano l’amore e la pienezza affettiva, e non era poco. Ma non le bastava. Praticamente dal giorno del suo ritorno dall’Unione Sovietica, nel febbraio 1951, la sua carriera politica era ferma.

L’OSTILITA’ DEI COMPAGNI REGGIANI

Nilde torna nella sua città e ancora una volta avverte intorno a sé un’atmosfera difficile e diffidente.

Alla laureata in una università cattolica che aveva frantumato una famiglia e ora viveva con il capo del loro partito una situazione anche solo rara in quei tempi, i reggiani dimostrano una ostinata freddezza. Il suo nome viene bersagliato da tante cancellature nella votazione che si tiene in sezione e passa per un soffio nel rinnovo delle cariche locali.

Ma l’amarezza per le “cancellature” doveva perseguitarla anche al congresso nazionale.

Otello Montanari ricorda che la vicenda “Iotti” ebbe proprio a Roma una replica clamorosa. All’Eur, dove si svolgeva l’ottavo congresso, i quaranta delegati reggiani decidono di opporsi alla proposta di inserire Nilde Iotti fra i candidati per il nuovo Comitato centrale.

A Montanari toccava il compito di riferire a Togliatti quell’imbarazzante ambasciata.

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