OTTOBRE 2013 NILDE IOTTI PRIMA PARTE

notizia pubblica il 06/11/2013 - ultimo aggiornamento del 06/11/2013

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OTTOBRE 2013

NILDE IOTTI

Una storia politica al femminile

LA VITA DELLA PARLAMENTARE DAL LIBRO DI LUISA LAMA

 

UNA INFANZIA FELICE IN UNA FAMIGLIA DI OPERAI

I genitori di Nilde erano già anziani alla nascita di questa figlia dopo la morte di due fratellini in tenera età. Egidio ed Alberta seguivano la piccola con trepidazione ed ansia e purtroppo quando la stessa aveva tre anni il padre ferroviere venne allontanato dalle Ferrovie per “Scarso rendimento”.

Il fascismo, dopo la marcia su Roma, comincia a mostrare il suo volto totalitario.

Nel giorno dell’insediamento del nuovo sindaco, il socialista Gnudi, i fascisti bolognesi avevano teso una imboscata ai reggiani ed alla fine della giornata si contavano in città dieci morti socialisti e sessanta feriti.

La sorte di sindacalisti militanti come Egidio Iotti è segnata. Quel posto fisso, garantito dalle Ferrovie dello Stato, non è più suo.

Con una raffica di provvedimenti il governo decretava il licenziamento dei ferrovieri “irriducibili” ed al padre di Nilde malgrado avesse diritto ai nove decimi della pensione gli dettero gli otto decimi : 583 lire al mese che allora era molto poco.

Dopo le elementari Nilde si iscrive all’istituto privato “Principessa di Napoli” di Reggio Emilia. Nel 1938 si diploma con risultati più che soddisfacenti. Il suo destino come maestra è presso in una scuola elementare di Reggio Emilia.

ALL’UNIVERSITA’ PERCHE’ FIGLIA DI UN ORFANO

Le Ferrovie dello Stato, così implacabili con suo padre, avevano messo a disposizione degli orfani dei suoi dipendenti una borsa di studio per accedere a studi universitari. Nilde, con il suo diploma, poteva scegliere solo l’indirizzo di Magistero e non Ingegneria o Medicina che avrebbe gradito.

La sede universitaria più vicina a Reggio era la Cattolica di Milano: fu qui che Nilde studiò facendo la pendolare Reggio-Milano e viceversa ogni giorno.

Tempo da sprecare ne aveva ben poco se voleva ottenere la media superiore al ventisette che l’esentava dal pagamento delle tasse universitarie.

Nilde era consapevole di quanto fosse difficile penetrare in quel fortilizio della cultura cattolica. Ben sapeva che nel suo certificato c’era una notazione che diceva: figlia di “concubini” non sposati in chiesa. Ad onore della Cattolica di padre Gemelli, quella nota negativa non fu mai fatta valere.

La studentessa acquista sicurezza di sé. Sa che ormai può farcela a superare uno scoglio che fino a pochi anni prima le era sembrato insuperabile.

Eppure in quel frangente, in quel luogo, stava perdendo un tratto importante di quella che era stata la sua identità spirituale. A poco a poco si stava accorgendo di perdere la fede.

“Più approfondivo i libri fondamentali della religione e più mi accorgevo che la mia razionalità era più forte della fede. Ho smesso di pregare. Continuavo ad andare alla messa, a frequentare l’Università. Ma solo col sentimento non con la convinzione profonda che fino ad allora mi aveva sorretto. Ogni anno c’era un esame di dottrina e morale cattolica. E quando arrivai alla storicità dei Vangeli, non riuscivo ad accettare il mistero, l’indiscutibile. Andai allora ad Assisi, agli esercizi spirituali. Otto giorni di prediche, preghiere e dibattiti. E poi la confessione. - Ho tanti dubbi - , dissi al prete. Lui mi citò una magnifica frase di Sant’Agostino. Autore che amavo molto. Non mi convinse e il conflitto mi restò dentro” .

BISOGNA TROVARE SUBITO UN LAVORO

Anche quando studiava aveva cominciato presto a guadagnare qualche lira per arrotondare la magra pensione della madre. Aveva dato lezioni private ad alcuni giovani, più piccoli di lei, e, con quell’esperienza, si era resa conto che, se la scelta della Magistrali era stata, a suo tempo, quasi imposta dalle precarie condizioni economiche della famiglia, ora “l’arte” di insegnare le piaceva e le riusciva bene.

Con l’inizio del 1943 l’Istituto tecnico Secchi di Reggio cercava un insegnante di Lettere, e quel posto fu suo.

GLI APPRODI POLITICI ANCORA NEBULOSI

Di una cosa non dubita ormai più : il fascismo non si sarebbe riformato, questo era chiaro a lei e a tanti giovani della sua generazione che si erano illusi potesse accadere. Le difficoltà del vivere, prodotte dalla guerra, erano ormai quotidiane. Ma dopo il primo bombardamento del 17 luglio 1943 la situazione era diventata insostenibile. Molti reggiani decidono di sfollare nei piccoli paesi della cintura urbana, sperando di poter meglio difendersi e sopravvivere. Nilde e sua madre scelgono Cavriago, un paesino dove abitavano alcuni parenti.

Tre giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 l’esercito badogliano aveva sparato sugli operai delle Reggiane e ne aveva uccisi nove.

Nilde Iotti, in quell’autunno 1943, era una giovane donna di 23 anni, non era né mamma né sposa, e neppure militante politica, ma avvertiva ormai di dover seguire un percorso che altre avevano già scelto.

Da sempre legato al lavoro di cura, il mondo femminile destava minori sospetti nelle autorità addette al controllo del territorio. A piedi o in bicicletta, incinte o con i figli al collo, giovani o anziane, le donne si muovevano con apparente naturalezza e trasformavano la loro tradizionale mansione di assistenza in una straordinaria retrovia per chi combatteva in pianura o sulle montagne.

Anche Nilde Iotti comincia così la sua militanza. “A Cavriago – ricorda – raccoglievo calze di lana, sciarpe, guanti e ….. medicine. Tu allacci in questo modo una solidarietà, una coscienza, sulla quale costruisci i Gruppi di difesa della donna, perché chi è disponibile a darti un vestito è disponibile a prendere un volantino e a darti poi qualcosa”.

 

LA FUCILAZIONE DEI SETTE FRATELLI CERVI

Un tragico evento contribuì alla maturazione di Nilde verso l’impegno politico: il 28 dicembre, al poligono di tiro di Reggio Emilia, furono fucilati i sette fratelli Cervi.

Ogni cavriaghese conosceva i Cervi. La loro azienda mezzadrile era ammirata ben oltre i confini della provincia. Erano “imprenditori” della terra e avevano l’ambizione di trasformare la fatica del lavoro contadino in un’attività moderna sia per la tecnologia applicata che per i metodi di conduzione.

Socialismo e cristianesimo convivevano nelle loro vite e nella loro idea di progresso. “Io ricordo – dice Nilda Iotti – tutta la vicenda dei Cervi, che non ho vissuto dall’interno, ma la ricordo per come influenzò finalmente la mia esistenza per trovare una strada che mi potesse dare una speranza nel futuro”.

La speranza ….. anche la più esile, pochi giorni dopo, poteva essere travolta dai bombardamenti angloamericani alle Officine Reggiane distrutta ; rasa al suolo la stazione ferroviaria e le case vicine ; 266 morti e tanti altri feriti.

E il fascismo, come ai suoi albori, decideva in quei giorni di lanciare un segnale enequivocabile anche al mondo cattolico ! La dissidenza, l’antifascismo, non sarebbero stati assolutamente tollerati, neppure nelle canoniche.

Se nell’agosto del 1923 era toccato a don Giovanni Minzoni, parroco di Argenta cadere sotto i colpi delle squadre fasciste, poco più di vent’anni dopo, il 30 gennaio 1944, lo steso destino toccherà a un altro parroco simbolo: il reggiano don Pasquino Borghi.

La Iotti così ricorda l’accaduto: “Don Pasquino Borghi era un eroico sacerdote nato in una famiglia contadina, che in tutta la sua vita non rinnegò mai la sua origine e si trovò sempre bene fra i poveri e la gente semplice del lavoro. (…..) Aiutò con coraggio i partigiani andati in montagna e la sua canonica divenne il rifugio per i combattenti, per i soldati che cercavano di sfuggire ai tedeschi. (…..) Il nome del sacerdote ucciso sarà dato ad un reparto garibaldino, guidato da un comunista”.

DALL’ETERE UNA VOCE METALLICA CHE LA COLPISCE

Forse a Nilde l’accelerazione fatale, e non solo per il suo destino politico, giunse dall’etere attraverso la voce metallica , a tratti gracchiante, di Palmiro Togliatti ed ebbe su di lei, come su personaggi ben più attrezzati nell’arte della politica, l’effetto di una “bomba”.

“Io mi ricordo di aver sentito Radio Londra che trasmetteva il discorso di Togliatti a Napoli, il famoso discorso ai quadri della federazione napoletana, e di aver avuto per la prima volta l’idea di una prospettiva nazionale. Perché bisognava fare così: lasciamo da parte tutto quello che ci divide; tu sei un cattolico, io sono un vecchio socialista, tu sei un monarchico, non ha nessuna importanza; adesso sbattiamo via questi e poi dopo decidiamo il resto”.

La giovane Nilde sa cogliere perfettamente il valore dirompente di quel messaggio. Finalmente quell’uomo, uscito dal mito comunista, con il linguaggio della concretezza e del realismo, parla anche a lei.

Il mondo che la circondava era in continuo mutamento. In quei mesi della primavera-estate 1944 le voci delle radio clandestine continuavano a portarle notizie confortanti: il 5 giugno gli alleati erano sbarcati in Normandia, il giorno dopo Roma era stata liberata, fra agosto e settembre Parigi veniva riconquistata, dai primi di settembre Francia e Belgio erano liberi e sul fronte russo la disfatta tedesca sembrava ormai prossima. Insomma il bunker tedesco era assediato sia da occidente che da oriente.

Eppure nel suo microcosmo reggiano Nilde respirava un’atmosfera diversa, cambiata si, ma in peggio. Certo, la resistenza partigiana si era fatta più serrata, ma anche la reazione nazifascista era diventata ancora più violenta e feroce. E gli eserciti liberatori avanzavano da sud maledettamente piano.

COMINCIA IL SUO CONTRIBUTO AL GIORNALE “NOI DONNE”

Legare la riscoperta dell’emancipazione femminile al pensiero di una nuova pedagogia, capace di “ salvare” un’umanità sconvolta dalla guerra, non era una speranza nuova.

Già all’inizio del Novecento le “donne nuove”, e in particolare Maria Montessori, avevano “ scoperto” il vincolo strettissimo capace di tenere insieme i temi dell’educazione e quelli del femminismo.

E l’insegnante Nilde Iotti non poteva che condividerne contenuti e filosofia.

Dirà infatti la futura parlamentare : “Tra i problemi della ricostruzione, che sono infiniti e gravissimi, uno ci sta particolarmente a cuore, quello di rifare la scuola italiana, di ridare ad essa libertà e dignità. (…..) Tocca alle donne far sì che le cultura non sia intesa come erudizione esteriore e formale, ma come mezzo di erudizione spirituale e morale che potenzi al massimo le facoltà individuali, pur armonizzandole e subordinandole al rispetto della collettività (….)”.

Con il decreto legislativo del 1° febbraio 1945 si riconosceva “il diritto di voto esteso alle donne”. De Gasperi per la Dc e Togliatti per il Pci ne erano stati i più convinti sostenitori.

Con altrettanta convinzione, sia la Dc che il Pci sostenevano l’associazionismo delle donne. Il Centro italiano femminile (Cif) e l’Unione donne italiane (Udi) nacquero proprio in quei mesi.

Se l’elettorato attivo era ormai riconosciuto, non così era per quello passivo. Le donne potevano votare i propri rappresentanti , ma non per le loro “sorelle”. Quel diritto sarà riconosciuto soltanto l’anno dopo, alla vigilia delle prime elezioni amministrative.

A REGGIO EMILIA SI LOTTA PER ESSERE LIBERI

A Reggio, anche se si respirava un’atmosfera greve, tutti avvertivano che la fine dell’occupazione era vicina.

I partigiani erano più forti. La pianura era in fiamme. Alla ferocia tedesca si rispondeva con azioni mirate e sostenute da un crescente consenso popolare.

Dall’inizio di gennaio Giuseppe Dossetti, presidente del Cln – Comitato di liberazione nazionale - reggiano, era salito in montagna per “riconciliare” comunisti e cattolici.

Quell’unità, messa a repentaglio dalle distanze non solo ideologiche, ma anche concretamente tattiche, era indispensabile per continuare a sperare e a combattere un nemico certo alle corde, ma ancora molto temibile.

In quel tardo inverno 1945, anche sull’onda dell’entusiasmo per la conquista del suffragio, il contributo delle donne si fa ancora più incalzante.

L’8 marzo di quell’anno, a viso aperto e consapevoli di correre molti rischi, le antifasciste reggiane scendono in piazza. Sono più di tremila, dilagano in tutta la provincia e rivendicano “viveri, legna e vestiario”. Il giorno dopo ogni reggiano avrà cinquanta grammi di pane in più rispetto alla razione consueta.

DUE EVENTI IMPORTANTI PER LA GIOVANE NILDE

Il 18 maggio 1945 Palmiro Togliatti era improvvisamente comparso a Reggio Emilia. Finalmente quella voce gracchiante, che Nilde aveva ascoltato a Radio Londra, si era materializzata nella sua città.

Al fianco del segretario c’era la moglie, l’altrettanto mitica “clandestina” Rita Montagnana, che allora rappresentava il Movimento femminile comunista.

Togliatti si trattenne per poche ore, ma l’incontro ravvicinato con il popolo è intenso ed emozionante.

Ai cittadini reggiani il segretario comunista parla di “redenzione” e, forse non a caso, usa quel termine così legato alla tradizione cristiana.

Il consenso dei lavoratori cattolici – sostiene – è decisivo per il futuro dell’Italia democratica perché anch’essi non vogliono un mondo schiavo, ma libero, ed il nostro paese diventerà una grande nazione qualora sappia, attraverso il lavoro, conquistarsi la libertà. ( ….) Così come nel vicino passato, le alleanze antifasciste avevano portato alla vittoria, ora quelle stesse alleanze devono stabilire le basi per un patto di riconciliazione fra tutti gli italiani”.

Con questo messaggio Palmiro Togliatti salutava i reggiani, anticipando uno dei cardini di quel “ partito nuovo” che, solo pochi mesi dopo, sarà al centro del quinto congresso del Pci.

A quell’incontro “ravvicinato” con il capo dei comunisti doveva seguire un secondo appuntamento politicamente decisivo per Nilde. Dal 2 al 5 giugno a Roma, in un teatrino di piazza Fontanella Borghese, Togliatti incontrava le donne comuniste. Il discorso pronunciato dal segretario del Pci fu memorabile per le donne comuniste e non solo.

Nilde Iotti lo ricorda con nettezza:

“ ….Fu una scoperta, e noi ci lavorammo molto intorno a quella idea dell’emancipazione femminile come parola d’ordine fondamentale. Non era mai avvenuto nella storia politica d’Italia. …… Io sono convinta che il movimento femminile comincia in quegli anni, con questo fatto dell’emancipazione femminile. Cioè un movimento che non è più soltanto di assistenza, ma che si colloca con un obiettivo suo, come protagonista…..”

Poco più di un mese dopo le donne dell’Udi reggiana si riunivano al cinema De Amicis per svolgere il loro primo convegno.

Su “Noi Donne” compariva un articolo di Nilde Iotti dal titolo “Assistenza nostra (per chi non la conosce)”. Diceva fra l’altro questo suo lavoro: “…. Noi abbiamo cercato di lottare con le nostre sole forze, deboli, se vogliamo, ma tenaci, e, dal momento che gli organismi cittadini rimanevano sordi al nostro appello abbiamo cercato di risolvere da sole almeno in parte il problema che ci assilla: fornire ai reggiani lavoro e casa. ….

LE DONNE DELL’UDI E DEL CIF A QUEL TEMPO COLLABORAVANO

Per il 1° novembre, giorno di ricorrenza di Ognissanti, la Democrazia cristiana nazionale lanciava una Giornata di solidarietà popolare; un appuntamento in particolare per le donne del Cif organizzato con particolare impegno, anche perché, da pochi mesi, il reggiano Giuseppe Dossetti era diventato vicesegretario nazionale di quel partito.

In questa giornata ideata da Dossetti la Dc si rivolgeva “a tutte le classi sociali” e chiedeva loro “offerte di denaro, vettovaglie e indumenti per l’attuazione di quella superiore giustizia che si sublima nella carità e nella solidarietà umana”.

Il comunista Giannino Degani nel dichiarare la propria adesione all’appello democristiano, prefigura un concetto di solidarietà un po’ diverso. Diceva infatti Degani : “Lo spirito che informa il caratteri di questa giornata non deve essere soltanto quello di colui che dona come obolo ciò che ha di superfluo; deve essere lo spirito di chi sente nel vincolo di solidarietà umana uno stimolo a redimere comunque l’uomo dalla miseria e ad affrancarlo dal bisogno”.

Questo però non impedisce alle due organizzazioni femminili – Udi e Cif – di continuare a lavorare insieme per concludere in armonia le attività comuni già in cantiere. Come avviene, per esempio, col Comitato femminile cittadino per l’assistenza invernale ai bisognosi. Anche gli avvicendamenti al vertice sono superati senza scosse. Nulla cambia quando a Laura Menozzi subentra la neoeletta segretaria Nilde Iotti alla quale viene anche affidata la delicata presidenza del “reparto viveri”.

CANDIDATA DI REGGIO ALLA CAMERA

Per la candidatura alle elezioni nazionali nel reggiano la Iotti risultava solo al terzo posto nella lista del partito comunista ma La Nilde, più che affrontare gli aspetti materiali, legati all’economia e quindi alla sopravvivenza, allarga la sua riflessione su quella cellula basilare della società che è la famiglia e dice fra l’altro che :

è nella famiglia, vero nucleo primordiale, il valore su cui i cittadini e lo Stato possono e debbono poggiare per il rinnovamento materiale e morale della vita italiana”.

Sul giornale Noi Donne la Nilde si era anche rivolta direttamente alle donne spronandole a dare forza al suo partito ed a votare per la Repubblica con un articolo rimasto famoso:

E’ proprio l’amore per la famiglia che spinge le donne a chiedere con tanto ardore che sia finalmente decisa la forma di governo del nostro Paese, poiché da esse stesse dipenderà il loro avvenire e quello dei loro figlioli (…..). La Monarchia rappresenta il passato, segnato da troppe croci, da troppe rovine, da troppi lutti (…..) – quindi non ci possono essere dubbi – Noi, donne d’Italia, dobbiamo votare per una Repubblica che ci dia veramente le garanzie della democrazia e della libertà. Votando per una Repubblica italiana noi sentiremo di appagare il desiderio dei Grandi che fecero l’Italia, dei Garibaldi, dei Mazzini, dei Cattaneo. Sentiremo veramente di compiere noi, a distanza di quasi un secolo, il Risorgimento della Patria.”

A scrutinio concluso, il risultato delle preferenze conquistate da Nilde Iotti, molto più consistente di quello ottenuto alle recenti amministrative, confermava che i mesi della sua campagna elettorale avevano contribuito a diffondere e consolidare molto la sua popolarità.

Soltanto dopo un mese fu nominata nella Commissione dei 75, l’autentica corazzata destinata ad imbarcare i veri fondatori della Carta Costituzionale.

Per il Pci furono solo due le donne chiamate a quel ruolo, la Nilde Iotti e la più matura “ rivoluzionaria professionale” Teresa Noce.

Nell’aula di Montecitorio insieme alla Nilde Iotti sedevano altri reggiani fra i quali l’anziano Meuccio Reggiani, presidente della Commissione, e Giuseppe Dossetti che lei aveva ben conosciuto come professore alla Università Cattolica, scuola alla quale era ancora iscritta.

MONTECITORIO PER NILDE IOTTI E LE DIVERSE RIPERCUSSIONI

Ambrogio Donini, comunista fin dagli anni della clandestinità, invia a Togliatti un dispaccio “interno, urgente e riservato” nel quale fa presente che padre Gemelli aveva comunicato ai suoi studenti che da quell’anno accademico, alla professione di fede doveva seguire il giuramento antimodernista.

Padre Gemelli, forse proprio perché Nilde Iotti, una sua allieva, era ora con i comunisti nel gruppo della Costituente, così si doleva dell’accaduto e si sfogava con Giuseppe Dalla Torre, direttore dell’ “Osservatore Romano”:

Pio XI aveva dato la dispensa agli studenti laici di omettere la professione di fede; Pio XII ha tolta questa concessione ed ha lasciato a me di dispensarli o meno. Poiché ora si sono infiltrati fra i nostri studenti dei comunisti e purtroppo qualcuno è anche alla Costituente, io ho dovuto ricorrere ad un metodo drastico, ossia a invitare i laureandi a prestare la professione di fede e il giuramento antimodernista”.

Nilde Iotti non solo aveva frequentato la scuola privata di Magistero e nel 1942 si era laureata in Materie Letterarie a Milano, ma a quella università, la Cattolica, era ancora iscritta. Infatti, fin dal febbraio 1944 era stata accolta la sua domanda di ammissione al terzo anno per la laurea in Lingue e Letterature straniere. Quindi la Cattolica era ancora la sua “casa”.

TOGLIATTI A REGGIO , ALLA CONFERENZA PROVINCIALE

Il 24 settembre a Reggio, alla Conferenza provinciale di organizzazione del partito, c’è anche Togliatti. Nilde siede sul palco delle autorità, ben in vista perché la sua è l’unica figura femminile che spicca fra tanti uomini presenti.

Testimoni reggiani dell’epoca fanno risalire proprio a quell’evento le prime voci che, di bocca in bocca ancora sommessamente, cominciano ad alludere a una simpatia del “capo” per la loro giovane compagna.

La madre di Nilde è la prima ad intuirlo e ad accettare quell’-amara felicità- che da qualche tempo illuminava gli occhi di sua figlia.

Togliatti riparte per Roma appena conclusa la Conferenza. Il viaggio durerà due giorni. Nilde sale in macchina con lui.

Togliatti aveva notato subito quella deputata reggiana: Era giovane, carina, vestiva con naturale eleganza si esprimeva con sobrietà e compostezza. Poi ad un buon osservatore come lui non doveva essere sfuggito che l’onorevole Iotti voleva imparare in fretta, dimostrava di avere le idee chiare e una buona dose di ambizione. Ecco i primi sguardi furtivi nell’ascensore di Montecitorio, le dotte conversazioni sui poemi cavallereschi, qualche incontro clandestino, poi l’innamoramento e la passione.

La lettura del carteggio da poco rinvenuto, oltre a raccontarci il divenire di una storia d’amore vera, ci aiuta a scandire i tempi della sua “progressione”.

Tutto comincia il 30 luglio 1946. Mentre insieme scendevano lo scalone di Montecitorio, Togliatti azzarda “una piccola carezza” sui capelli di Nilde. A quel gesto di tenerezza, evidentemente ricambiato, erano seguiti cinque giorni in cui al primo moto di attrazione era subentrata la passione, contrastata ma irresistibile.

Togliatti avverte una “vertigine davanti ad un abisso”. Nilde sente “sgomento per questo immenso mistero d’amore che mi dà le vertigini”.

Togliatti scrive a Nilde quasi ogni giorno sulle pagine di un piccolo bloc-notes. Così farà Nilde da Reggio Emilia. Ma quelle lettere non partiranno mai. Ognuno le terrà in serbo per essere consegnate e lette al loro ritorno a Roma. In pratica sono “diari” che vanno compresi separatamente; due “assolo” intimi, e forse, proprio per questo, più autentici e “veri”.

La lontananza è un assillo, ma anche un’opportunità, perché li costringe a scavare nel profondo delle loro vite.

Le loro biografie non potevano essere più distanti. Li divideva l’età, l’esperienza, lo status. Tuttavia, entrambi erano infelici, perché “soli”.

Togliatti ripercorre le età della sua educazione sentimentale e vede solo “fughe”.

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