Giugno 2013 Marie Curie prima parte

notizia pubblica il 23/06/2013 - ultimo aggiornamento del 23/06/2013

CASA CULTURALE DI SAN MINIATO BASSO

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GIUGNO  2013

MARIA CURIE 1a parte

La vita della grande scienziata dai libri di Eva Curie e Franca Gambino

MANYA  ( MARIA)  SKLODOWSKA  E  LA  SUA FAMIGLIA  POLACCA

I genitori di Maria Curie erano dei grandi dotti,  con incarichi di grande prestigio.

Il genitore, seguendo l’esempio del padre che era stato apprezzato direttore del liceo maschile della città di Lublin, si era laureato anche lui all’università di Pietroburgo ed insegnava matematica a fisica a Varsavia.

La madre era una professoressa di lettere e poi direttrice di un istituto; brava musicista, suonava molto bene il piano e cantava con voce affascinante le romanze di moda nel tempo.

Manya, che chiameremo nel seguito sempre con il nome di Maria, era l’ultima di cinque fratelli : questi erano Sofia, Broniswavia (che chiameremo sempre Bronia), Elena e Giuseppe.

Maria era nata nel 1867. Una bambina molto riservata e tranquilla che aveva imparato l’alfabeto dalla sorella maggiore la quale a voce alta leggeva le prime frasi del suo libro di scuola. Quando poi andò a scuola Maria stupiva tutti perché le bastava leggere due volte una poesia e sapeva poi subito ripeterla senza alcun errore.

LA POLONIA SOTTO IL DOMINIO DEGLI INVASORI NELL’800

Per tre volte, la Prussia, la Russia e l’Austria hanno smembrato questa terra dolorosa, arrotondato ciascuna la propria parte.

Disastrosi i tentativi del 1831 e del 1863 di ribellarsi ai dominatori: era sempre finita in una carneficina.

Si fece sempre di  tutto per ridurre all’obbedienza la Polonia che si rifiutava di morire.

Mentre tristi convogli di ribelli s’incamminano verso le nevi della Siberia una ondata di “russificatori” – poliziotti, professori, funzionari – si rovescia sul paese. La loro missione è presto detta :  Sorvegliare i Polacchi , perseguitare la loro religione, interdire i giornali ed i libri sospetti, abolire a poco a poco l’uso della lingua nazionale.

Nella scuola privata dove studia la piccola Maria è di due anni più piccola delle compagne ; ma per essa niente sembra mai difficile: implacabilmente la prima in matematica, la prima in storia, la prima in letteratura, in tedesco, in francese, in religione !

Quando arriva l’Ispettore Ministeriale e accetta la sedia che gli viene offerta dall’insegnante chi è che viene sempre scelta da quest’ultima per rispondere alle domande del terribile funzionario ?  Naturalmente la piccola Maria che snocciola alla perfezione nomi, date e tutti particolari da sapersi sui sovrani regnanti, tanto importanti per l’ispettore. 

 

 

 

LA MORTE PORTA VIA LA MADRE E LA SORELLA MAGGIORE

Maria non capisce come mai la mamma non la bacia mai, quasi se la tiene un po’ distante. La piccola non sa che la signora Sklodowka è gravemente malata, i primi segni della tubercolosi sono apparsi in lei al momento della nascita proprio della sua ultima creatura. La coraggiosa donna è sempre attiva, vestita con nitore, conduce la vita d’una massaia indaffarata ma si è imposta rigide regole: servirsi di piatti riservati a lei sola e non baciare i figlioli …..

Zosia, la maggiore dei fratelli Skolodowski, nel gennaio del 1876 fu infettata di tifo, insieme alla sorella Bronia, da uno dei pensionati che il padre teneva in casa per arrotondare il misero stipendio di insegnante.

Bronia se la cava ma l’adorata sorella Zosia che sapeva raccontare le storie meglio di tutti e che con la sua immaginazione abbelliva gli aneddoti con elementi straordinari che sono come le variazioni d’un virtuoso di uno strumento musicale, lascia nell’angoscia il padre che ha già perso la moglie e che quindi rimane solo con tre ragazzi .

 IN POLONIA ERA ALLORA VIETATTA L’UNIVERSITA’ PER LE DONNE !!!

In casa di Maria la scuola la fa da padrona: il padre Sklodowski insegna in un ginnasio, Bronia sta ora uscendo dal suo ginnasio, Mania frequenta ancora il ginnasio, Giuseppe va all’università perché è un uomo ed  Elena studia in un pensionato privato.

Bronia e Maria vivono con un padre che sa tutto ….. o quasi tutto !

Come oscuro professore di scuola secondaria trova modo di sviluppare le proprie nozioni scientifiche compulsando pubblicazioni che si procura con grandi sacrifici, vuol tenersi al corrente dei progressi della chimica e della fisica; è naturale per lui sapere il greco, il latino, e, a parte il polacco e il russo, parlare correttamente il francese, l’inglese ed il tedesco.

In questo ambiente le due giovani ragazze, Bronia e Maria, con la loro voglia di sapere e conoscere il mondo non possono accettare che alle donne sia proibito dagli invasori russi di frequentare una università e Maria conosce molto bene il tormento della sorella maggiore, il cui sogno segreto è di andare a Parigi a compiere gli studi di medicina e tornar poi in Polonia per esercitare la professione, preferibilmente in campagna.

E cosa può fare una studentessa per raggranellare qualcosa da mettere da parte per soddisfare la sua voglia di andare all’estero a studiare ? Far ripetizioni ! 

Bronia apprende le fatiche e le umiliazioni che aspettano una ripetitrice : le lunghe corse attraverso la città, con la pioggia e il freddo ; gli allievi recalcitranti o pigri ed i genitori che, per semplice dimenticanza, alla fine del mese trascurano di pagarti i pochi rubli che ti debbono, sui quali avevate fatto conto e che pensavate di riscuotere proprio quella mattina.

 UN PATTO D’AMORE INCREDIBILE FRA LE DUE SORELLE

Maria vede bene come Bronia si industria a mettere da parte qualcosa per mantenersi a Parigi a studiare medicina ma sa bene che quei soldi non le saranno sufficienti.

Domandò una volta Maria a Bronia : “con quello che hai economizzato per quanto tempo potresti vivere a Parigi ?” .

“Ho di che pagare il viaggio e le spese di un anno scolastico alla facoltà, ma i corsi di medicina durano cinque anni , lo sai”.

Maria allora le disse con molta determinazione : “Tu prendi il treno in autunno e dapprincipio tu spenderai il tuo denaro;  dopo io farò in modo di mandartene facendo ripetizioni e lezioni nelle famiglie.  Quando tu sarai laureata  io partirò a mia volta e tu m’aiuterai”.

I tempi di questo patto erano ben precisi : Bronia studia come una matta a Parigi e Maria mentre fa il liceo guadagna qualcosa insegnando a ragazzi in famiglie ricche, quasi sempre elementi svogliati e pigri.

 UNA ASSUNZIONE COME ISTITUTRICE A 17 ANNI

Riportiamo cosa ci racconta la figlia Eva sull’incarico di istitutrice dato a sua madre, la nostra Maria.

Che cosa desidera signorina ?” Chiede la direttrice. “Cerco un posto di istitutrice”. “Ha referenze ?” “Sì …. Ho già dato lezioni. Ecco gli attestati dei genitori dei miei allievi. Ecco il mio diploma”. La direttrice dell’agenzia esamina i documenti e chiede: “Lei conosce perfettamente il tedesco, il russo, il francese, il polacco e l’inglese ?” “Sì, signora. L’inglese un po’ meno bene ….. Ma posso insegnare le materie dei programmi ufficiali. Sono uscita dal ginnasio con la medaglia d’oro.” “Quali sono le sue pretese ?” “Quattrocento rubli all’anno e il mantenimento”. “Chi sono i suoi genitori ?” “Mio padre è professore di liceo” “Ma che età ha ?” “Diciassette anni …. A momenti diciotto” “Riassumendo, buone referenze, capacità, posto richiesto: istitutrice. Salario richiesto quattrocento rubli l’anno. Vada pure le scriverò, se sarà il caso”.

IN UNA FAMIGLIA BENESTANTE IL PRIMO IMPATTO BRUTTISSIMO

S’era allocata in una famiglia di avvocati di Varsavia per stare vicina alla famiglia ma ben presto sia accorse che le spese per i viaggi e altre piccole spese sbriciolate in esigenze quotidiane erano troppo onerose per il suo magro stipendio. Rimaneva ben poco per darlo alla sorella che già viveva poveramente con un’amica nel quartiere latino di Parigi !

Diceva Maria in una lettera ad una amica su questa famiglia dove faceva ripetizione a tre ragazzi : “Una casa ricca nella quale, quando c’è gente, si parla francese – un francese da spazzacamini – nella quale non si pagano le fatture per sei mesi di seguito, e, tuttavia, si getta il denaro dalla finestra pur economizzando grettamente sul petrolio delle lampade. Ci sono cinque domestici, ci si dà l’aria di essere liberali mentre, in realtà regna il più cupo rimbecillimento……”

Nel mondo d’intellettuali che ha frequentato sino a quale momento, è accaduto a Maria d’incontrare delle creature mediocri, ma essa, si può dire, non ne ha conosciute che avessero l’anima bassa e interessata, che fossero prive d’onore. A casa sua, essa non ha mai sentito una parola volgare o grossolana.

 Allora accetta di trasferirsi in una provincia molto lontana, in aperta campagna. Forse un salto nel buio ma la retribuzione era abbastanza elevata in quel buco sperduto.

UN MONDO COMPLETAMENTE NUOVO, CON PERSONE ECCELLENTI

Nel treno che la trasporta pesantemente verso un’altra casa, verso un famiglia estranea, Maria rabbrividisce di timidezza e di paura. Se i nuovi padroni somigliassero a quelli precedenti ? Se il padre si ammalasse durante la sua assenza ? Può, soltanto, essere certa di rivederlo ? Non ha forse commesso una pazzia ?

Tre ore di treno, quattro ore di slitta, nel maestoso silenzio della sera invernale, cento chilometri a nord di Varsavia.

Dice ancora Maria di questa nuova famiglia in una sua lettera : “Sono brave persone, ho stretto amicizia con la figliola maggiore, Bronka, che ha diciotto anni. La mia allieva, Andzia, di dieci anni, è una bambina docile ma molto disordinata e molto viziata. Ma non si può esigere la perfezione. Ho sette ore di lavoro al giorno: quattro con Andza e tre con Bronka. In questa famiglia esiste una collezione di figli: oltre ai due che ho detto c’è Stas di tre anni e Maryokne di sei mesi. Il maggiore di tutti frequenta l’uniersità. La padrona di casa , la signora Z., ha un brutto carattere, ma non è una cattiva donna. Il signor Z. è un agronomo di fama che controlla lo sfruttamento di duecento ettari di barbabietole e possiede una gran parte delle azioni dello zuccherificio….”

COME NON TENTARE DI FAR QUALCOSA PER QUESTI POVERI BAMBINI ?

Incontrando ogni giorno, per i sentieri fangosi, i contadinelli, bimbi e bimbe miseramente vestiti, con volti sfrontati sotto i capelli di canapa, la nostra Maria ha concepito un progetto. 

Questi ragazzi sono nella maggioranza analfabeti e i pochi che potranno andare a scuola vi potranno  imparare solo l’alfabeto russo.

Come sarebbe bello creare un corso di polacco clandestino, svegliare quei poveri cervelli alla bellezza della lingua e della storia nazionali !

Ne parla con la signora Z. che ne viene subito conquistata e decide di aiutarla.

“Rifletta bene” le dice Maria per calmare il suo entusiasmo. “Se ci denunziassero, saremmo deportati in Siberia”.

Ma niente è più contagioso del coraggio. Nello sguardo di Bronka e della signora Z. Maria legge l’ardore e la risoluzione.

Non resta che ottenere l’autorizzazione del capo della famiglia e da cominciare nelle capanne un’opera discreta di propaganda. Il signor Z. è un uomo di buon cuore e mai saprebbe andare contro ai desideri della moglie; accetta il rischio e il lavoro si può fare.

Non tutti sono ben lavati questi figli e queste figlie di serve, di massaie, d’operai di fabbrica che s’affollano intorno all’abito scuro e ai capelli biondi di Maria. Né profumano gran che l’aria. Certuni, poi, sono disattenti, ostinati. Ma nella maggior parte dei loro sguardi chiari appare un desiderio violento e ingenuo di compiere queste imprese favolose: leggere, scrivere. E quando l’umile mèta è raggiunta, quando i grossi caratteri neri sul bianco hanno d’improvviso preso un significato, il trionfo vanitosi dei bambini, l’ammirazione stupefatta dei genitori analfabeti che, in piedi in fondo alla stanza, assistono a volte alla lezione, stringono il cuore della ragazza.

LE DIFERENZE DI CASTA NON SI CANCELLANO

Quando il figlio maggiore dei signori Z. , studente universitario, è tornato da Varsavia ha trovato in casa un’istitutrice che danza meravigliosamente, fa del canottaggio, pattina, è intelligentissima e ben allevata, improvvisa versi come monta a cavallo ed è diversa – così completamente, così misteriosamente diversa! – dalle ragazze che conosce. E, naturalmente, se n’è innamorato.

E Maria che sotto le sue dottrine rivoluzionarie, nasconde un cuore vulnerabile, s’è incapricciata di questo studente grazioso e gentile.

Essa non ha ancora diciannove anni. Egli è un po’ appena maggiore di lei. Naturalmente, essi fanno progetti di matrimonio.

Nulla sembra opporsi alla loro unione e il giovane Casimiro chiede senza troppa apprensione, anzi, con fiducia, ai suoi genitori se approvino il suo fidanzamento.

La risposta non si fa aspettare : Il padre dà in escandescenze, la madre per poco non sviene.

Lui, Casimiro, il loro figliolo preferito, scegliere una ragazza senza un soldo, che è obbligata a “collocarsi” in casa d’altri !   Lui, che potrebbe domani sposare la ragazza meglio nata e più ricca della regione !   Ma è diventato pazzo ?

E in un attimo, in una casa nella quale ci si fa un merito di trattar Maria come un’amica, le barriere sociali si son rialzate, invalicabili.

Ammonito, apostrofato, rimproverato, lo studente sente liquefarsi le proprie risoluzioni. Ha poco carattere. Teme i rimproveri e la collera dei suoi.

E Maria, ferita dal disprezzo di quegli esseri che le sono inferiori, si chiude in una freddezza un po’ inabile, in un mutismo irritato. Ha deciso: essa non concederà più neanche un pensiero a questo idillio.

Ma dove ritrovar un posto simile ? Tra lei e gli Z. non c’è stata nessuna spiegazione diretta, nessuna discussione penosa. Meglio bere l’umiliazione e rimanere in questo posto d’inferno, come se non fosse accaduto nulla. La vita riprende, simile a quella ch’era prima dell’incidente.

Soprattutto Maria non può permettersi il lusso d’abbandonare un così buon posto e dove si guadagna abbastanza da poter mettere qualcosa da parte; ora che le economie della sorella Bronia a Parigi non sono più che un ricordo ed è lei, la Maria istitutrice, insieme al padre, che devono pagare gli studi alla facoltà di medicina,

FINE CON I SIGNORI Z. E LAVORO, SEMPRE DA ISTITUTRICE, SUL BALTICO

Tre anni sono ormai passati da quando la “signorina Maria” è istitutrice: molto lavoro e poco denaro per se, qualche piccola gioia specialmente con i bambini ed un forte dolore.

Le lettere della sorella studentessa in medicina portano da Parigi queste notizie: essa lavora, studia con impegno e supera gli esami con successo, ed è innamorata. Ama un polacco come lei, Casimiro, un compagno di studi pieno di fascino e di qualità ma che non potrà mai più abitare in Polonia perché gli è stato interdetto il soggiorno e rimane la minaccia di deportazione come individuo ostile all’occupante russo dell’est.

Nel 1889 il lavoro di Maria s’avvia alla fine presso i signori Z.

Addio a Saczuki , alla fine del mondo, addio ai campi di barbabietole.

Libera, riprende la via di Varsavia e aspira con delizia l’aria della città natale.

Essa va a raggiungere su una grigia spiaggia del Baltico i suoi nuovi padroni.

FINALMENTE TOCCA ORA A MARIA PENSARE ALLA” SUA” PARIGI

Bronia così scriveva alla sorella: “E’ ora tu, mia piccola Maria, bisogna pure che un giorno tu faccia qualche cosa della tua vita. Se riunisci qualche centinaio di rubli quest’anno, potrai, l’anno prossimo, venire a Parigi e abitare con noi, dove troverai l’alloggio e il cibo. Bisogna che tu abbia qualche centinaio di rubli per l’iscrizione alla Sorbona. Il primo anno vivrai con noi. Poi per il secondo e il terzo papà potrebbe aiutarti…”

Bronia è troppo povera per pagare ora le spese di viaggio alla sua giovane sorella e dopo tante congetture resta stabilito che quando Maria avrà finito i suoi impegni in casa F.  rimarrà un anno ancora a Varsavia.

Vivrà col padre che sarà nel frattempo andato in pensione, completerà le proprie economie dando lezioni. Poi, partirà ……

La nostra ragazza fa il conto dei lunghi anni di pazienza ribollente che ha vissuto: sono otto anni che ha lasciato il liceo, sei anni che s’è allogata come istitutrice. Non è più l’adolescente che vedeva davanti a sé tutta la vita. Tra qualche settimana avrà ventiquattro anni. 

E, d’improvviso, si mette a chiamare Bronia in aiuto : “…..ora Bronia, ti chiedo una risposta definitiva. Decidi se veramente puoi prendermi con te, perché, io, posso venire. Ho di che pagare le mie spese. Se dunque, senza privarti di gran che, puoi darmi da mangiare, scrivimelo.  Sarebbe una gran fortuna, perché moralmente questo mi metterebbe in piedi dopo le prove crudeli che ho attraversato questa estate ….”

Finalmente arriva l’agognato treno! In un vagone di quarta classe e nella notte forata da sibili e da rumori di ferraglia si attraversa la Germania.

Accoccolata sul suo sgabello, con le gambe avvolte nella coperta, stringendosi intorno i suoi involti che, di quando in tanto, riconta con attenzione, Maria assapora la sua gioia divina. Pensa al passato, a questa partenza fantastica tanto attesa.

Tenta d’immaginare l’avvenire. E’ convinta che al più presto sarà di ritorno nella sua città natale, dove diverrà un’umile professoressa.

Com’è lontano da lei il pensiero che, salendo su quel vagone, essa ha finalmente scelto tra l’oscurità e la luce, tra la meschinità dei giorni monotoni ed uguali e una vita immensa ! 

 

UNA DONNA CHE PUO’ FREQUENTARE LA FACOLTA’ DI SCIENZE !

E’ la prima volta che Maria respira l’aria d’un paese libero. E nel suo entusiasmo tutto le sembra miracoloso. Miracolosi gli sfaccendati che passeggiano sui marciapiedi pel fatto che possono parlare la lingua che vogliono, meravigliose le librerie che possono vendere liberamente le opere del mondo intero …… Miracoloso che questo viale diritto conduca lei, Maria Sklodowska, alle porte spalancate d’un’Università. E quale Università !!! La più famosa, quella cha già secoli e secoli orsono veniva descritta come un  “riassunto dell’universo”.

Col poco danaro che ha accumulato, rublo su rublo, la ragazza ha conquistato il diritto d’ascoltare le lezioni che ha scelto. Essa ha il suo posto nei laboratori, dove, guidata, consigliata, può, senza incertezze, maneggiare gli apparecchi e tentare semplici esperienze.

Maria è ora – oh, delizia ! – una studentessa della Facoltà di Scienze.

CASIMIRO, IL MARITO DI BRONIA, IL POLACCO ESULE A PARIGI

Così scriveva Casimiro al suocero, il padre di Maria, il professore rimasto solo a Varsavia : “….. In casa da noi tutto va bene. La signorina Maria studia molto seriamente e passa quasi tutto il tempo alla Sorbona, tanto che non c’incontriamo che al pasto della sera. E’ una ragazza molto indipendente e non ostante la delega dei poteri formali con la quale lei l’ha messa sotto la mia protezione, si preoccupa della mia autorità come … d’una scarpa rotta.  Nondimeno c’intendiamo benissimo e viviamo nel miglior accordo.”

Maria ha ricevuto da questo giovanotto sarcastico un’accoglienza squisita.

Tra tutti gli emigrati polacchi che vivacchiano a Parigi, la cara Bronia ha scelto il più bello, il più brillante, il più intelligente.

Casimiro Dluski è stato studente ad Odessa e a Varsavia. Costretto a lasciare la Russia perché sospettato di complicità nell’attentato contro Alessandro II, è diventato pubblicista rivoluzionario a Ginevra, poi, a Parigi, allievo della Scuola di Scienze Politiche, studente di medicina e, finalmente, dottore.

Egli ha, in qualche luogo, in Polonia, una famiglia ricca e, in Francia, negli incartamenti del Ministero degli Affari Esteri  c’è una scheda deplorevole , ispirata dai rapporti della polizia dello zar, che gli impedirà sempre d’ottenere  la naturalizzazione e di fissarsi a Parigi.

LA VITA DI UNA RAGAZZA COMPLETAMENTE DEDICATA ALLO STUDIO

Maria condurrà per più di tre anni una vita unicamente destinata agli studi. Vita conforme al suo sogno, vita perfetta nel senso della perfezione monastica.

Essa tiene troppo alla propria tranquillità per dividere la sua camera con qualche amica ed è troppo occupata dallo studio per occuparsi dei propri comodi.

Questa ragazza che a diciassette anni s’è allogata come istitutrice in casa d’estranei e ha cominciato a dare sette o otto ore di lezioni al giorno, non ha mai avuto il tempo né l’occasione di diventare una massaia e si dice che nemmeno sa con che cosa si faccia il brodo. Non lo sa e non vuol saperlo. Perché dovrebbe perdere una mattinata per iniziarsi ai misteri della cucina quando nello stesso tempo può imparare qualche pagina di fisica, o fare in laboratorio un’analisi interessante ?

Con deliberato proposito, essa ha soppresso dal suo programma le distrazioni, le riunioni d’amici, i contatti con l’umanità.

Le camere che nel tempo Maria abiterà si somigliano per il poco prezzo e per la mancanza di ogni comodità. L’ultima dimora, alla ricerca di una calma assoluta, sarà un sottotetto, in cima ad un immobile borghese, uno stanzino che prende luce da un abbaino affacciato direttamente sul pendio del tetto.

Maria adorna sempre il suo locale con tutti gli oggetti che possiede da tempo: una branda di ferro, il materasso che ha portato dalla Polonia; una stufa, un tavolo di legno grezzo, una sedia da cucina, un catino, una lampada a petrolio col suo paralume da due soldi, una brocca che bisogna empire al rubinetto nel pianerottolo, un fornello a spirito, due piatti, un coltello, una forchetta, un cucchiaio, una tazza, una casseruola, e poi una cuccuma e tre bicchieri nei quali, secondo l’usanza polacca, la studentessa versa il tè quando sua sorella con il marito vengono a trovarla.

Non entra quasi mai dal macellaio e ancor meno alla trattoria. Per settimane non mangia che pane imburrato, sorbendo il tè. Quando ha voglia di scialare entra in una latteria del quartiere latino dove le vengono servite due uova, o si compra una tavoletta di cioccolata, un frutto.

Studiare ….. studiare! … Interamente immersa nello studio, inebriata dai propri progressi, Maria sente d’esser capace d’apprendere tutto quello che gli uomini hanno scoperto.

Segue i corsi di matematica, di fisica, di chimica. La tecnica manuale e la minuziosa precisione delle esperienze scientifiche le divengono a poco a poco familiari.

Questi quattro anni eroici furono, non già i più felici di Maria Curie, ma i più perfetti ai suoi occhi, i più vicini a quelle cime della missione umana verso le quali il suo sguardo s’era alzato.

Quando si è giovani e solitari e ci s’inabissa negli studi, si può “non aver di che vivere” e vivere al massimo.

Scrisse Maria al fratello Giuseppe spronandolo a stendere la sua tesi di laurea: “Bisogna avere della perseveranza e soprattutto fiducia in sé. Bisogna credere alla propria vocazione per qualche cosa, e bisogna dunque raggiungerlo questo qualche cosa e a qualunque costo. Chi sa che tutto non vada bene, quando ce lo aspetteremo meno”.

E ARRIVA FINALMENTE UN GRANDE AMORE

Dal programma della propria vita, Maria ha cancellato l’amore e il matrimonio.

Un ragazza povera, delusa, umiliata in un primo idillio, giura di non amare mai più. Soprattutto una studentessa slava esaltata da ambizioni intellettuali decide facilmente di rinunciare a ciò che fa la servitù, la felicità e l’infelicità delle sue simili, per poter seguire la propria vocazione.

Maria s’è costruita un universo segreto d’implacabile rigore, dominato dalla passione delle Scienze.

L’affetto familiare, l’amore per la propria patria oppressa vi hanno il loro posto. Ed è tutto !  Null’altro conta, null’altro esiste!

Così ha stabilito una creatura di ventisei anni che vive sola a Parigi e che, ogni giorno, incontra alla Sorbona o in laboratorio dei giovanotti.

Riportiamo le parole semplici e pudiche di cui si servirà Maria per descrivere il primo incontro al principio del 1894 con Pietro Curie: “Quando io entrai, Pietro stava nel vano d’una porta-finestra che dava su un balcone. Mi parve giovanissimo, benché avesse allora trentacinque anni. Fui colpita dalla espressione del suo sguardo  chiaro, da un’apparenza d’abbandono nella sua alta statura. La sua parola un po’ lenta e riflessiva, la sua semplicità, il suo sorriso a un tempo grave e giovane, ispirava fiducia. Cominciammo una conversazione, che divenne ben presto amichevole:  essa aveva per oggetto certe questioni scientifiche sulle quali ero felice d’udire la sua opinione”.

CHI E’ PIETRO CURIE, IL FUTURO MARITO DI MARIA  ?

Pietro è figlio d’un medico, il dottor Eugenio Curie, anch’esso figlio di un medico.

Il padre di Pietro è fanatico per le ricerche; è stato preparatore al laboratorio del Museo ed è autore di certi lavori sull’inoculazione della tubercolosi.

Pietro è uno scienziato francese di genio, quasi ignoto nel suo paese, ma già molto stimato dai suoi colleghi stranieri.

Non è mai stato a scuola come tutti i bambini !  Il padre, il  dottor Eugenio Curie, comprendendo che quel ragazzo troppo originale non avrebbe potuto mai essere quel che si dice un brillante allievo, lo ha da principio istruito lui stesso, poi l’ha affidato a un notevole professore, il signor Bazille.

Pietro Curie è baccelliere in scienze a sedici anni, licenziato a diciotto.

A diciannove è nominato preparatore del professore Desains ala facoltà di Scienze.

Inventa e costruisce una bilancia scientifica ultrasensibile, la “bilancia Curie“ e poi intraprende ricerche sul magnetismo e ottiene un risultato capitale: la scoperta d’una legge fondamentale, la “Legge Curie sul magnetismo”.

 

UN GRANDE AMORE PER QUESTI DUE BRAVISSIMI GIOVANI

Maria non accetta subito l’offerta d’amore di Pietro e questo grande scienziato dinanzi all’ex istitutrice, già disprezzata da un famiglia di benestanti polacchi, quest’uomo unico si fa umile, supplichevole.

Maria confida alla sorella Bronia le sue esitazioni e parla dell’offerta che le ha fatto Pietro d’espatriare con lei in Polonia. Pur di averla come compagna nella vita, se lei vuol proprio andare nel suo paese come insegnante, lui sarebbe disposto ad averla come sposa nel lontano oriente, abbandonando l’amata Parigi.

Essa però non si riconosce il diritto d’accettare un simile sacrificio. Ma di questa proposta è commossa e turbata.

Pietro essendo venuto a sapere che la ragazza ha parlato di lui a Casimiro e Bronia, tenta da questo lato una nuova offensiva. Va trovar Bronia con la quale s’è già incontrato a varie riprese, la guadagna interamente alla sua causa e l’invita insieme con Maria dai suoi genitori.

La madre di Pietro prende Bronia da una parte e con voce esitante, commovente, le chiede di parlare alla sorella minore.

“Non c’è un essere al mondo che valga il mio Pietro”  ripete più volte  “Il suo cuore non deve esitare. Essa sarà più felice con lui che con chiunque altro”.

Passeranno altri dieci mesi prima che la polacca ostinata accetti l’idea del matrimonio.

Dirà così alla sorella: “….m’addolora molto rimanere per sempre a Parigi, ma che fare ? Il destino ha fatto sì che ci attaccassimo profondamente l’uno all’altro e che ci fosse impossibile sopportare l’idea di separarci:”

Questo matrimonio sarà molto diverso dai soliti matrimoni:  Non ci sarà abito bianco, né anello d’oro, né pranzo di nozze. E nemmeno cerimonia religiosa. Pietro è libero pensatore e Maria, da lungo tempo, ha smesso d’esser praticante. E niente notaio, perché i fidanzati non possiedono niente al mondo …. tranne due biciclette splendenti acquistate il giorno prima col regalo “in denaro” che ha mandato loro un cugino e con le quali, nell’estate, gireranno per la campagna.

Maria riesce sempre in quello che intraprende. Così si può dire del suo matrimonio.

Ha esitato per più di un anno per sposare Pietro Curie. Poi, diventata sua moglie, ha organizzato la vita coniugale con una così chiaroveggente tenerezza, che ne farà una meraviglia.

In questi giorni di felicità s’annoda uno dei più nobili legami che abbiano mai tenuto avvinti un uomo ed una donna. Maria non avrebbe potuto sposare un altro uomo che non fosse questo grande fisico, questo essere saggio e nobile. Pietro non avrebbe potuto sposare un’altra donna che non fosse questa Polacca bionda, tenera, viva, che sa essere a pochi istanti di distanza puerile e trascendentale, ché un compagno e una compagna, un’innamorata e uno scienziato.

Non v’è in Pietro nessuna traccia dell’istintiva diffidenza verso gli stranieri e per dare a sua moglie una nuova prova d’amore, si costringe, non ostante le proteste di Maria, a uno sforzo penoso: imparare il polacco, la lingua più difficile d’Europa e in pratica – poiché è la lingua d’un paese abolito – la più inutile.

VITA FELICE DI UNA COPPIA DI SCIENZIATI

l’esistenza di Pietro è tutta tesa verso un solo ideale: la ricerca scientifica a fianco di una donna adorata che anch’essa vive per la ricerca scientifica.

L’dea d’optare tra la vita di famiglia e la carriera scientifica non attraversa nemmeno la mente di Maria.

Essa è risoluta a mettere d’accordo l’amore, la maternità e la scienza e a non trascurare niente. Passione e volontà, e ci riesce.

Nel settembre del 1897 mette al mondo una figlia, Irene;  una bella piccola, un futuro Premio Nobel !!!

Il suocero dottor Curie assiste al parto, che la signora Curie sopporta coi denti stretti, senza un grido.

Maria ha trovato nel suocero un aiuto prezioso. Il dottor Curie, la cui moglie è morta qualche giorno dopo la nascita di Irene, s’è affezionato appassionatamente alla piccola. Il vecchio viene ad abitare con loro e sarà l’educatore e il miglior amico di Irene.

I PRIMI PASSI VERSO LA SCOPERTA DEL RADIO

Dopo la scoperta dei raggi X fatta da Roentgen,  Hernri Poincarè s’era domandato se raggi simili a quelli X non fossero emessi dai corpi “fluorescenti”, sotto l’azione della luce.

Ma l’origine di quei raggi rimaneva un enigma e lo studio degli stessi interessa immensamente i coniugi Curie.

Non è facile trovare un locale nel quale Maria possa preparare le proprie esperienze e finalmente le viene messa a disposizione un piccolo vano vetrato, posto al pianterreno dell’edificio della scuola, una stanza ingombra, stillante vapore, che serve da magazzino e di sala delle macchine.

La giovane donna non perde la pazienza. Priva d’installazione elettrica adeguata cerca e trova il modo di far funzionare i propri apparecchi in quello stambugio.

Gli strumenti di precisione hanno nemici sornioni, in particolare l’umidità ed i mutamenti di temperatura, ma Maria sa vincere ogni difficoltà nelle sue ricerche sulle emissioni.

Il fenomeno delle radiazioni è stato osservato nell’uranio. Ma chi ci dice che anche altri corpi non potrebbero possedere lo stesso potere ? 

E Maria caparbiamente intraprende l’esame di tutti i corpi chimici noti.

Anche il  torio  emette raggi spontanei ed allora tutti i corpi come l’uranio ed il torio si chiameranno radioelementi.

Ma la radioattività si rileva assai più forte di quel che si poteva normalmente prevedere in base alla quantità d’uranio o di torio contenuta nei prodotti esaminati ed allora quel genio di Maria crede di capire che quei minerali devono contenere, in piccola quantità, una sostanza molto più radioattiva dello uranio e del toro.

Scrive alla sorella : “Sai, Bronia, la radiazione che non potevo spiegarmi viena da un elemento chimico ignoto ……L’elemento è lì, non c’è che da scoprirlo. Ne siamo sicuri . Alcuni fisici cui ne abbiamo parlato ritengono si tratti d’un errore d’esperienza e ci consigliano d’esser prudenti. Ma io sono persuasa di non ingannarmi”.

Grazie al potere della propria intuizione, la scienziata ha dimostrato a se stessa che la sostanza sconosciuta deve esistere.

Pietro Curie ha seguito con appassionato interesse i progressi rapidi delle esperienze di sua moglie e decide di d’abbandonare momentaneamente il suo studio dei cristalli e d’unire i propri sforzi a quelli di Maria per impadronirsi della nuova sostanza.

Ora le forze impegnate nella lotta sono raddoppiate. Nel piccolo laboratorio umido, due cervelli, quattro mani cercano il corpo ignoto.

D’or innanzi, nell’opera dei coniugi Curie, sarà impossibile distinguere la parte di ognuno dei due sposi.

Ora – maggio1898 – comincia un’associazione dello  sforzo che durerà  otto anni e sarà brutalmente spezzata da un incidente mortale.

 I CHIMICI CREDONO SOLO QUANDO VEDONO E PESANO QUALCOSA

Un chimico per definizione non crede all’esistenza di un corpo nuovo che quando lo ha visto, quando lo ha toccato, pesato, esaminato, confrontato per mezzo d’acidi, messo in un flacone e quando ne ha determinato il “peso atomico”.

Per mostrare il polonio e il radio agli increduli il signor e la signora Curie dovranno faticare per altri  quattro anni.

Devono ottenere del radio e del polonio puri e siccome queste sostanze figurano allo stato di tracce inafferrabili la separazione non può farsi senza trattare grossissime quantità di materie prime.

Il polonio e il radio si nascondono nella pechblenda, minerale che si estrae nelle miniere della Boemia.

Tonnellate di pechblenda costano care, troppo care per i due Curie.

Si viene a sapere che i residui delle recenti estrazioni d’uranio non sono stati dispersi ma ammucchiati in un terreno abbandonato su cui crescono anche alcuni pini.

Il governo austriaco ha deciso di mettere “graziosamente” a disposizione dei due lunatici scienziati francesi che pretendono di averne bisogno,  una tonnellata  di residui.

La rimessa dove i coniugi Curie sono costretti lavorare batte il primato della scomodità:  d’estate, per causa del tetto di vetro, è ardente come una serra; d’inverno, non si sa se convenga augurarsi il gelo o la pioggia.

Se piove, l’acqua cade a goccia a goccia, con un rumore dolce, irritante, sul pavimento e sui tavoli da lavoro, in certi punti che i due scienziati hanno individuato per non mettervi mai un apparecchio.

Se gela, si gela. Non c’è rimedio. La stufa, anche scaldata sino ad arroventarsi, è una delusione completa.

In queste condizioni il signor e la signora Curie lavorarono dal 1898 al 1902.

Pietro e Maria pubblicano una memoria sulla scoperta della “radioattività indotta” prodotta dal radio, un’altra sugli “effetti della radioattività” ed un’altra sulla “carica elettrica” trasportata dai raggi.  Lavori che suscitano immenso interesse tra gli scienziati d’Europa.

Dal 1899 al 1904 i Curie hanno pubblicato trentadue comunicazioni scientifiche.

Maria ha continuato il trattamento, chilo per chilo, delle varie tonnellate di residui della pechblenda che le sono state inviate a varie riprese dall’Austria.

E’ grazie al suo cervello ed ai suoi muscoli che prodotti sempre più concentrati, sempre più ricchi di radio, hanno preso posto sulle vecchie tavole della rimessa.

 1902 : IL RADIO ESISTE UFFICIALMENTE !!

Quarantacinque mesi dopo che i Curie hanno annunciato l’esistenza probabile del radio, Maria riporta, finalmente, la vittoria di questa guerra di logorio : riesce a preparare un decigrammo di radio puro e fa una prima determinazione del peso atomico di questa nuova sostanza che è il  225.

I chimici increduli non possono ormai che inchinarsi dinanzi ai fatti, dinanzi alla sovrumana ostinazione di un una donna. Maria ha dato tutte le notizie necessarie a definire questo nuovo elemento. Ma quale immane lavoro per raggiungere la meta.

NON LEGION D’ONORE O MEDAGLIE, VORREI UN LABORATORIO

Scriveva Maria al fratello Giuseppe sulle condizioni economiche della sua famiglia: “…… Dobbiamo stare molto attenti e lo stipendio di mio marito non ci basta del tutto a vivere, ma sino ad oggi abbiamo avuto ogni anno qualche risorsa supplementare. Spero che mio marito od io otterremo presto un’occupazione fissa ma io vorrei passare la laurea prima di cercare un impiego. In questo momento abbiamo tanto lavoro con i nuovi metalli che non posso preparare la tesi, la quale, d’altronde, deve appunto basarsi su questi lavori, ma esige studi complementari di cui non posso occuparmi attualmente…..”

            Mai purtroppo i coniugi Curie ebbero un laboratorio ben strutturato. A questo proposito così si esprimeva Maria: “Quando si fanno studi su sostanze fortemente radioattive bisogna prendere  particolari precauzioni se si vuole continuare le misurazioni delicate.  I diversi oggetti impiegati nei laboratori di chimica e quelli che servono per le esperienze di fisica, non tardano a diventare tutti radioattivi. La polvere, gli abiti, sono radioattivi ; l’aria della stanza diventa conduttrice. Nel laboratorio nel quale noi operiamo il male è giunto allo stadio acuto e noi non posiamo avere un apparecchio che sia ben isolato….”

            Pietro Curie chiese per anni di poter operare in un buon laboratorio ma nessuno si fece avanti e quindi questa fu la risposta al decano dell’università che lo invitava ad accettare dal Ministro dell’Istruzione la medaglia della Legion d’onore : “La prego di ringraziare il signor Ministro e informarlo che io non provo per nulla bisogno d’esser decorato, ma che ho il più gran bisogno d’avere un laboratorio”.

            Al buon Pietro sembrava troppo comico che si rifiutasse ad un uomo di scienza i mezzi per lavorare e che, nello stesso tempo, come incoraggiamento, come “punto di merito”, gli si offrisse una piccola croce di smalto appesa a un nastro rosso.

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