GENNAIO 2013 - FAUSTO COPPI

notizia pubblica il 06/01/2013 - ultimo aggiornamento del 13/01/2013

CASA CULTURALE DI SAN MINIATO BASSO

 

SEZIONE SOCI COOP DEL VALDARNO INFERIORE

 

 

GENNAIO   2013

 

FAUSTO COPPI

(il campionissimo)

La sua vita dai libri di Orio e Guido VERGANI e di Giancarlo GOVERNI

 

PAPA’IO NON ZAPPO PIU’

A Fausto non piace il lavoro della terra. Non gli piace vedere suo padre e suo fratello Livio che si ammazzano sull’aratro dall’alba al tramonto. Non gli piacciono i loro timori, le loro ansie legate alle piogge, alla grandine, alla neve, perché da una grandinata o da una pioggia arrivata al momento giusto spesso dipende l’annata di una famiglia.

A Fausto piacerebbe studiare, a scuola era bravo e c’erano tante cose che lo appassionavano ma, la scuola non era per i Coppi, la scuola era per i signori della città. Una volta, quando stava per finire le elementari aveva confidato a Serse un suo disegno: farsi bocciare per rimanere un altro anno a scuola, con la zia Albina che aveva insegnato a leggere e scrivere a tutta Castellania; ma ci aveva pensato troppo tardi ed era stato promosso.

Una sera papà Domenico è già andato a dormire, seguito da Livio e da Serse. La mamma riordina la cucina e Fausto sembra non decidersi ed è rimasto a leggere ancora la sua ultima Gazzetta, che è vecchia di quindici giorni ed è tutta consumata.

Mamma, ho da dirvi una cosa ….” La mamma lo guarda e non parla ma il suo sguardo è aperto ad una grande disponibilità ad ascoltare e a capire. Fausto manda giù la saliva e lancia uno sguardo implorante che vuol dire “mamma, ti prego vienimi in aiuto”. La mamma abbassa la testa sul suo lavoro di cucito e poi tutto d’un fiato “non vuoi più andare nei campi, vero Faustin ?”. “No, mamma, io sui campi non ci vorrei andare più, mi dispiace per il babbo, ma io non sono come Livio, io vorrei fare un altro lavoro …. Ma chi glielo dice la babbo ?”

Papà Domenico è curvo sulla sua scodella di latte caldo in cui sta inzuppando il pane. Risponde al saluto di Fausto senza alzare la testa dalla scodella. Il suo è quasi un grugnito e Fausto capisce che la mamma gli ha parlato. Il papà alza la testa e guarda Fausto che gli si è seduto davanti. “Allora ?” chiede il padre. “Papà io non zappo più, voi mi perdonerete ma io non zappo più. Ci sono tanti mestieri …. Se non siete d’accordo posso zappare ancora un po’ per aiutarvi, ma sarebbe tempo perso perché io voglio cercare un altro mestiere …..”

DAL SALUMAIO DI NOVI

“Ti piacerebbe andare a lavorare a Novi ?” chiede lo zio Giuseppe alcuni giorni dopo a Fausto che risponde pronto “per me va bene”. Novi Ligure è la città, lì la Gazzetta arriva tutti i giorni, lì hanno anche la radio e c’è anche il cinematografo e poi c’è quella bella bicicletta Maino in vetrina che forse non è stata ancora venduta e chissà, forse un giorno quando avrà guadagnato abbastanza, il babbo gli darà il permesso di comprarla.

Lo zio Giuseppe ha parlato con il salumaio Domenico Merlano che ha un bel negozio proprio in centro di Novi e ha bisogno di un ragazzo per le consegne. A Merlano Fausto sta bene, a patto che sia fornito di bicicletta. Di tutto il discorso dello zio Giuseppe, Fausto ha capito soltanto la parola bicicletta. “Posso avere quella di Livio ?”. Livio ha sentito ed acconsente, perché è generoso anche se gli dispiace che quel suo fratello lasci la casa. “Tornerà tutte le domeniche, se ne avrà voglia” dice lo zio Giuseppe.

NOSTALGIA DI CASA …. E TANTI CHILOMETRI OGNI GIORNO !

Andare in bicicletta gli piace sempre di più e spera che il signor Merlano gli dia delle consegne sempre più lontane. E poi il libro di Pavesi, che ha praticamente imparato a memoria, gli svela tutti i segreti del perfetto corridore ciclista.

Una volta, dimenticando le consegne, si inserisce in un gruppetto di ragazzi con tanto di maglia colorata che cavalcano biciclette da corsa, leggere come quelle che stanno nella vetrina del negozio. “Dove vai con questa macchina da cucire ?” gli dice uno e gli altri si voltano e ridono. Ridete ridete, pensa Fausto, se avessi una bicicletta come si deve vi farei vedere io. Ma l’occasione per fargliela vedere anche con la bicicletta di Livio gliela dà una salita. Fausto ci prova, prima si mette in testa al gruppetto, poi si alza sui pedali e spinge, sogna di essere il giovane Bartali al Giro d’Italia sulla Dolomiti e il “ma dove vai , attento che scoppi” che gli arriva dai ciclisti che sono rimasti staccati non lo sveglia dal sogno perché in cima alla salita loro non ci sono più. Al signor Merlano racconta che ha forato ed ha dovuto riparare la camera d’aria da solo.

Fausto ha dimostrato a sé stesso che può farcela , ha bisogno soltanto di una vera bicicletta e di tanto allenamento.

Ecco, la nostalgia di casa, questa la scusa !

Tutte le sere sarebbe bene dormire nel proprio letto, sono appena venti chilometri fino a Castellania. “Contento tu” dice Merlano, ”però stai attento, la mattina devi essere qui alle otto. Te la senti?” Fausto se la sente, che ci mette lui a fare venti chilometri !

Il signor Merlano non ha mai motivo di lamentarsi; ogni mattina quando apre il negozio, alle otto in punto, c’è sempre sulla strada quel ragazzone con la gambe da trampoliere e il grande naso, che lo aspetta seduto sulla sua ridicola bicicletta.

UNA BICICLETTA VERA DALLO ZIO GIUSEPPE CHE CI CREDE

A casa sono abituati a vederlo arrivare alla stessa ora, l’ora di cena, sudato, stravolto e felice. Sulla strada lo aspetta immancabilmente Serse che sa delle sue gare contro il tempo e si informa subito del risultato.

Quella sera Fausto si aspetta io solito “quanto hai fatto ?” ma Serse invece gli dice che è arrivato lo zio Fausto, quello che andò in marina quando era ancora ragazzo ed ora è diventato ufficiale e si dice comandi le navi.

Questo zio vuol sapere tutto, soprattutto di Faustino che porta il suo nome e che ha dimostrato di avere il suo stesso spirito di avventura. “E tu vorresti correre con questa bicicletta ? Questa è buona tutt’ al più per trasportare il fieno ….”

“Tu mi sembri deciso a correre in bicicletta. E io ci credo in te perché un ragazzo che fa ogni giorno, due volte al giorno, il percorso da Castellania a Novi con questa macchina da cucire vuol dire che sulla bicicletta ci sa stare”.Mentre dice queste parole, lo zio Fausto conta sul tavolo quattro bigliettoni da cento lire. Fausto è felice e non ha il coraggio di dire che non bastano per comprare la bicicletta che vorrebbe lui. Livio ha capito, gli strizza un occhio e a parte gli dice “ce li ho io i soldi che ti mancano, te liregalo. No, anzi me li restituirai quando vincerai le prime corse. Anch’io amo il ciclismo ma in famiglia di Girardenghi ne nasce uno solo e quello sei tu”.

 

 

 

IL CIECO CHE VEDE CON LE MANI

Quell’uomo alto, imponente, vestito di scuro e con gli occhiali neri, Fausto lo conosce, sa chi è. Lo sa perché da quando ha la bicicletta nuova, da corsa, si inserisce sempre più spesso nei gruppetti di corridori dilettanti che si allenano.

“Ma chi è questo Cavanna ?” aveva chiesto una volta a Bergaglio, un ragazzo che fa il corridore dilettante già da due anni. Bergaglio sull’argomento Cavanna è un po’ reticente e fornisce informazioni con il contagocce. Sembra che voglia tenerselo per sé. Una delle tante volte succede cheBergagliogridi a Fausto  “Dai fammi la lepre”il quale non se lo fa ripetere e si alza sui pedali per affrontare la salita. Bergaglio si butta all’inseguimento ma lo vede allontanarsi sempre più fino a sparire dietro una curva.

Quel ragazzo del salumiere lo ha messo di malumore e quando lo trova seduto su un paracarro con l’orologio in mano regalatogli dallo zio , da quel ragazzo che sembrava tanto timido e che ora sembra quasi lo voglia prenderlo in giro, si sente dire : “Ma ti rendi conto che in dieci chilometri ti ho dato più di quattro minuti di distacco, ma che facevi, dormivi ?”

“Ora mi ci porti da Cavanna ?” dice Fausto appena rimontato in sella. Bergaglio non risponde e Fausto capisce che, se vuole conoscere Cavanna e farsi assistere da lui, si deve fare coraggio e andarci da solo.

“Sono il Coppi, il Coppi Fausto, signor Cavanna mi hanno detto ….” , sta per aggiungere qualcosa ma il cieco lo precede “ce n’hai messo ad arrivare….”  Fausto è confuso, pensa che Cavanna lo abbia scambiato con qualcun altro. “Perché non sei venuto quando ti ho mandato a chiamare da Bergoglio ?”

“Dai, vieni su, lascia la bicicletta insieme alle altre, ché tanto non te la ruba nessuno”taglia corto Cavanna che ha cominciato a salire le scale  con agilità e disinvoltura come se ci vedesse. “Spogliati e sdraiati sul lettino, anche le scarpe e le calze”.

Le mani del cieco ora esplorano il corpo di Fausto in ogni muscolo, in ogni organo, nelle ossa più insignificanti.

“Vedi queste mani” dice mostrandogliele aperte “queste mani vedono meglio di qualsiasi occhio umano e le mie orecchie sentono suoni che a voi che ci vedete sono sconosciuti”

“Quanti anni hai ?” gli chiede Cavanna mentre lui sta già scendendo le scale. “Sedici finiti” risponde Coppi un po’ preoccupato perché teme che Cavanna dica che è ancora troppo piccolo.

“E’ l’età giusta per cominciare seriamente ma non dovrai fare altri lavori. Da Merlano non ci devi andare più, perché non avrai più tempo. Tutti i giorni dovrai fare cento chilometri di allenamento, poi vieni da me ché ti massaggio. Diglielo ai tuoi che da Merlano non ci puoi andare più. Questa è la condizione. Se a casa sono d’accordo, vieni qui domani con tuo padre ché facciamo il contratto”.

 CONSIGLIO E DECISIONE DI FAMIGLIA

Sembra facile andare a casa e dire tutto d’un fiato alla famiglia riunita che ha deciso di fare il corridore e che, per questo, non andrà più a lavorare e non porterà per un bel pezzo un soldo a casa. Non solo, ma avrà bisogno del loro aiuto per ricompensare Cavanna e per comprarsi i tubolari e tutti i ricambi della bicicletta, i vestiti e per essere mantenuto chissà fino a quando.

Quando voleva lasciare il lavoro della terra aveva trovato l’aiuto della mamma ma questa volta lei non avrebbe capito. Il papà neppure a parlarne. Rimaneva Livio che oramai era un uomo e il suo parere doveva pur contare qualcosa. “Gli parlo io al babbo. E’ la tua occasione, anche io ho sentito parlare di questo cieco. Qui lo conoscono tutti, da quando anni fa ha scoperto e lanciato Girardengo”.

Con il pressante intervento di Livio tutta la famiglia finalmente lo appoggia.

L’unica voce discordante viene dalla mamma che per Faustino aveva immaginato un lavoro più tranquillo e più sicuro. Non aveva detto Merlano che al negozio andava molto bene e che in futuro avrebbe potuto farlo socio, visto che non aveva figli a cui affidare la bottega, quando non avrebbe più avuto la forza di lavorare ? “Mamma, farò il bravo e sarò prudente”le promette Fausto con gli occhi bassi e la voce dolce.

Papà Domenico ha voluto con se anche Livio e lo zio Giuseppe che li ha accompagnati con la Balilla con cui gira per i paesi per i suoi commerci. Livio è il secondo uomo di casa e la decisione che stavano per prendere riguardava l’avvenire del loro Fausto e quindi era una decisione importante.

“Il fisico è buono” dice Cavanna, “però non basta per diventare un buon corridore. Ci vuole anche allenamento, cure, alimentazione speciale e sacrifici. In poche parole, il ragazzo deve dimenticare di avere 16 anni e deve pensare soltanto alla bicicletta ….. la bicicletta non vuole altri pensieri e non vuole altri impegni. Voi mi intendete ?” Papà Domenico annuisce, ma le ultime parole di Cavanna lo hanno quasi bloccato. “Volete dire che non deve andare più da Merlano ?” Chiede Domenico. “Certo, se non ci andasse più sarebbe meglio. Non possiamo chiedere troppi sacrifici ad un ragazzo perché si rischierebbe di rovinarlo … potrebbe ammalarsi”.

            LA PRIMA CORSA SULLE STRADE DI CASA SUA

            “Sì, ma quando corre ?” chiede mamma Angiolina.

            “Lo decide Cavanna” risponde papà Domenico, però anche lui si domanda “ma quando corre ?”.

            “Ma quando corro ?”,finalmente Fausto ha avuto il coraggio di chiederlo a Cavanna.

            “Domenica prossima, dalle tue parti. Ti senti pronto ?” Proprio a Castellania doveva fargli fare la prima corsa, quel diavolo di Cavanna. Lui lo sa che la gente del paese lo guarda con diffidenza come se si chiedesse ma chi è questo qui che non fa altro che andare in bicicletta, con i genitori che lavorano come bestie per mantenerlo ?

            C’è tutta Castellania a vedere la partenza e l’attenzione è per lui.

            Il via lo dà lo zio Giuseppe. A Fausto tremano le gambe, teme di non riuscire a far neppure i primi dieci chilometri.

            I suoi avversari li conosce tutti e sa che non gli sarà difficile staccarli al momento opportuno ma non pensa che l’occasione arrivi alla prima salita. Ma è la sua salita, quella che ha fatto migliaia di volte quando andava da Merlano. Di quella salita conosce tutti i sassetti che stanno sulla strada, ne conosce le insidie e le asperità. Dopo i primi cento metri che riesce a fare senza difficoltà, gli viene spontaneo girarsi per vedere dove sono gli altri e si accorge che dietro di lui c’è il vuoto, gli altri saranno dietro la curva perché non li vede più. E’ la sua prima fuga, solo con la strada, con la bicicletta, con il cuore che batte e la fatica. Le gambe vanno, la testa è protesa alla vittoria, lo stomaco va bene, non sente né fame né sete, solo una foratura potrebbe fermarlo.

            E la foratura arriva inesorabile.

Fausto ben presto si accorge che un conto è cambiare il tubolare senza l’assillo del tempo e un altro è cambiarlo in corsa. Arriverà terzo.

            “Il ragazzo stasera dormirà a casa mia” dice Cavanna a papà Domenico, “e anche domani e anche tutti gli altri giorni. Il ragazzo ha bisogno di concentrarsi, di non avere distrazioni. Ogni  tanto verrà a trovarvi. Fate conto di avere un figlio in collegio o in seminario ….” .

Papà Domenico fa cenno di sì con la testa, mamma Angiolina trattiene le lacrime, “per me può fare quello che vuole, tanto la bicicletta non gliela leva dalla testa nessuno”.

 

 

1940 – AL GIRO DEL PIEMONTE COME INDIPENDENTE

Girardengo aveva tentato di impegnare il ragazzo facendo firmare certi fogli a papà Domenico ma Cavanna non si lasciò fottere dal “campionissimo”, ora  scopritore di talenti.

            “Ehi, tu Coppi, senti un momento” dice il Cavanna “allenati per bene, non fare il furbo, perché domenica ti scrivo al giro del Piemonte con gli indipendenti. Corri con la maglia gialla della Santamaria di Novi”.

Poi quando il ragazzo sta per ripartire, Cavanna lo blocca “che ti aveva promesso Girardengo ?”

“Di farmi correre con la Maino” risponde tutto d’un fiato Fausto.

“La Maino ? E io ti farò correre con la Legnano, con Bartali ….”

Cavanna aveva parlato a Pavesi, il direttore della Legnano, gli aveva mandato anche una lettera in cui c’era scritto: “Caro Pavesi, le raccomando Coppi, un vero campione, un ragazzino vestito da gigante, che vincerà delle corse da solo. Gli dia un’occhiata benevola, vedrà che sarà lui a farsi notare”

            Fausto, il Gino Bartali , lo conosceva, eccome: era il suo idolo, il grande campione da emulare.

Poi un giorno, in quella sua prima corsa da indipendente , il giro del Piemonte, in mezzo a tutti i grandi, se l’era visto passare accanto, altero ed accigliato con la sua maglia verde della Legnano, contornato dai suoi gregari che gli facevano muro intorno.

            Poi durante la corsa, con quella sua maglia gialla rimediata, con il nome della Santamaria scritta sopra, ci aveva provato.

Aveva spinto forte forte sui pedali e si era trovato in testa. A pochi chilometri dal traguardo era ancora in testa ed andava veramente benissimo.“Vuoi vedere che vinco” pensò “se non foro ce la faccio, se non foro ce la faccio”.

            E la foratura arrivò puntuale come nella sua prima corsa, a Castellania.

            Quando stava gonfiando la gomma, appena cambiata senza l’aiuto di nessuno, e ormai credeva di avercela fatta, se la vide passare davanti quella maglia verde del suo idolo, che spingeva sui pedali come un forsennato.

            A Torino, al velodromo, quando arrivò, sentì che l’altoparlante, dopo un attimo di esitazione aveva annunciato l’arrivo del terzo concorrente: Cappi di Novi Ligure. Era lui, avevano sbagliato il suo nome, ma non gliene importava. Gli spettatori rimasero indifferenti, nessuno applaudì e nessuno andò a fargli festa, anche perché stavano tutti intorno a Bartali, il vincitore.       

1940 -  IL SUO PRIMO GIRO D’ITALIA

L’incontro ufficiale fra Gino e Fausto avvenne nel maggio, alla punzonatura del Giro d’Italia. Anche se non lo aveva dato a vedere, Bartali si ben era accorto di lui, visto che al Giro lo aveva voluto con sé, nella Legnano.

“Ti vidi al Giro del Piemonte” gli disse Bartali, “eri andato bene ma io ti ripresi”. E lui non ebbe neppure il coraggio di ricordargli che aveva forato.

I giorni passano e la carovana multicolore del Giro macina tappe e chilometri. Bartali è rimasto indietro in classifica per una caduta che gli ha provocato una dolorosa lussazione al femore. Ma non demorde.

E’ sull’Abetone, mentre Fausto sta filando verso Modena, con gli altri, distanti, ormai fuori gioco, che Pavesi gli si avvicina con la sua ammiraglia. “E bravo Coppi” gli dice mentre lui spinge  sempre più sui pedali, “se ti vedesse il capitano, che è là dietro che smoccola”.

“Ma io che dovevo fare ? Sono andato a prendere il Cecchi come mi ha detto lei, poi lui si è staccato. Se vuole mi fermo e aspetto il Capitano” azzarda Fausto, ma è chiaro che non ci pensa per niente a fermarsi.

Pavesi rimane un attimo in silenzio, mentre Fausto spinge ancora di più. “Guai a te se non arrivi primo a Modena e non prendi la maglia rosa”.

A Modena Bartali è furioso perché ha perso ancora terreno. “Come è andata ?” chiede a Pavesi.

“A noi della Legnano non è andata mica tanto male, abbiamo vinto la tappa. Quel ragazzo, quello nuovo … come si chiama …. Il Coppi”

“Io credevo che si fosse ritirato …. Invece era andato avanti …. È bravo quello” ammette a denti stretti Gino, il Capitano.

“Anche troppo!” aggiunge subito Pavesi e Bartali capisce,“ha preso la maglia ?” e si allontana senza neppure aspettare la risposta.

A Milano la maglia gialla ci arriverà sulle spalle di quel ragazzo nuovo della Legnano, che Bartali aveva preso come gregario, e che a venti anni era diventato professionista e aveva scritto il suo nome sull’albo d’oro del Giro d’Italia.

A Milano finalmente Gino Bartali lo abbraccia mentre Fausto gli sussurra un grazie.

“Niente grazie, sai come si dice dalle mie parti ? A buon rendere. E poi questa maglia rosa fai conto di averla in prestito, tienimela di conto. Ci si rivede il prossimo anno, qui a Milano. Addio, Pallino !”

Per la rivincita Gino dovrà aspettare sei lunghi anni perché quel giorno, a Milano, era il 9 giugno 1940 ed il giorno dopo l’Italia entrò in guerra.

QUELLA MORETTINA CHE INCONTRA SULLA STRADA

Dopo la vittoria al Giro d’Italia, clamorosa ed inaspettata, Fausto è diventato l’idolo della zona.

Finalmente è riuscito a sapere come si chiama quella morettina che incontra sulla strada dei suoi allenamenti, quasi ogni volta che gli capita di passare per Villavernia.

E’ stato Serse ad informarsi e la sera lo ha aspettato sulla strada, come quando erano ragazzi, per dirglielo : si chiama Bruna Ciampolini, ha diciotto anni e proprio quest’anno è diventata maestra.

LA CARTOLINA PRECETTO COME PREMIO DOPO IL GIRO D’ITALIA

A Fausto, quando è tornato a casa dopo il trionfo all’Arena di Milano, come regalo per la sua vittoria hanno fatto trovare la cartolina precetto.

Al distretto militare gli avevano fatto festa, e lo avevano anche applaudito.

Ma in caserma la musica era cambiata subito ed era stato trattato come un soldato qualsiasi.

A GINEVRA CONTRO KUBLER IN UNA GARA AD INSEGUIMENTO

“E’ arrivato un telegramma dalla Svizzera” gli aveva gridato Serse che lo aspettava da più di un’ora “ti ha sfidato Kubler nell’inseguimento, ti aspettano la prossima settimana”

“Ma è un campione dell’inseguimento” aveva esclamato Fausto.

“Meglio” aveva commentato poi papà Domenico “se ti batte, nessuno avrà da ridire, perché ti ha battuto uno forte”.

Non fu facile convincere il colonnello che obiettò subito : “Ti dimentichi che siamo in guerra …”  .Ma Fausto fu pronto a ribattere“ma non con la Svizzera !”

E il permesso di andare a gareggiare finalmente fu dato.

Quelli della Legnano gli avevano dato tutte le istruzioni: “Scendi a Zurigo, ti rechi al velodromo di Oerlikon, la bicicletta te la mettono a disposizione loro.

“E se non mi va bene che invento ?” Quelli della Legnano avevano allargato le braccia.

A Zurigo un poliziotto gli indica una direzione verso il velodromo. Il riscaldamento lo fa con quella camminata di almeno sette chilometri. Quando arriva è notte, il velodromo è stracolmo. All’ingresso c’è un uomo che sta lì per controllare e che gli chiede il biglietto. Lui non sa come farsi riconoscere, poi finalmente tira fuori il passaporto e fa vedere a quell’uomo che il suo nome è quello accanto a quello di Kubler,  quattro volte più grande.

C’è appena il tempo delle presentazioni e qualche minuto per provare la bicicletta.

L’ingresso di FerdyKubler è salutato da un’ovazione, per Fausto non c’è la più piccola attenzione: su quella pista lui è soltanto la vittima designata di cui il campione locale farà un solo boccone.

Tre o quattro giri di prova e poi la pistola dello starter dà il via. Il pubblico è tutto in piedi a gridare il nome di Kubler ma Fausto resiste, anzi mostra di essere in vantaggio, ma lo svizzero recupera. Negli ultimi giri Fausto si sente bene, è come se finalmente avesse sciolto i muscoli, e spinge ancora di più. Kubler perde terreno, il pubblico urla ancora più forte il suo incitamento ma invano perché Fausto ormai sta vincendo, ma non sembra pago della semplice vittoria perché sente che può raggiungere il suo rivale, il quale fa di tutto per non subire la grande onta. Che subisce proprio negli ultimi metri: Fausto lo ha raggiunto !!

A ROMA NEL CAMPIONATO ITALIANO

Coppi sa ora quello che deve fare, anche se con il militare, con l’Italia in guerra e con questo fascistone di colonnello che non lo conosce o forse non vuole conoscerlo il ciclismo non gli dà certezze.

Il Giro d’Italia è sospeso, all’estero non si può andare, alla Legnano non può più rimanere perché la rivalità con Gino Bartali diventa sempre più insostenibile.

Il colonnello dà con non grande entusiasmo il permesso di partecipare alla gara di Roma e il Capitano della Legnano Gino Bartali e il gregario della Legnano Fausto Coppi si ritrovano all’arrivo, quando Fausto ha già indossato la maglia tricolore di campione d’Italia, la sua seconda maglia importante dopo quella rosa.

Gino chiede il tempo: il giovane gregario gli ha dato quasi sette minuti, “Non è possibile, ci deve essere un errore” mormora Gino e deve appoggiare la bicicletta perché si sente mancare. “Ho fame, non ho potuto mangiare ….”

Nel piccolo cimitero di Castellania Fausto è andato da solo, stringe tra le mani la sua maglia tricolore e mormora con le lacrime agli occhi: “E’ per te babbo ….” , e si rende conto di avergli dato del tu per la prima volta.

IL RECORD DELL’ORA DI ARCHAMBAUD

Il colonnello un po’ troppo fascista non convince il diffidente Cavanna: “Temo che la Federazione non farà proprio niente per farti rimanere in Italia. Se vogliamo evitare il fronte, caro Fausto, bisogna inventarci qualche cosa. Ci sto pensando, non ci dormo la notte”.

“C’è un record che resiste da diversi anni” gli dice un giorno Cavanna “è il record dell’ora di Archambaud, potresti tentare di batterlo”.

Fausto guarda Cavanna stupito; cosa centra questo con tutti i  problemi che ho ?

“Ti ci vorrà una preparazione lunga, molto lunga, che puoi fare solo al Vigorelli di Milano. L’importante è ritardare la tua partenza per il fronte. Nel frattempo possono succedere tante cose … può finire la guerra, al tuo reggimento può venire un comandante più sensibile allo sport …” Continua Cavanna.

Quelli della Legnano però non volevano capire. “State tutti a battere record” dice il Direttore  “il Vigorelli è pieno di gente che si allena per battere il record …..”

            “Ancora due giri …. Ancora due giri” , gli gridano quando passa sul traguardo alcuni signori con due dita alzate e Fausto raccoglie tutte le sue forze da dedicare a questi due maledetti giri.

“Taci campana … taci campana …” ripete mentalmente Coppi con l’ossessione che la campana non deve suonare prima che lui abbia tagliato il traguardo. La campana suona che lui è trentuno metri avanti ! Soltanto ora Fausto realizza: ha vinto, ha battuto il record più difficile e più prestigioso.

Per Fausto non ci sono feste, le ombre della sera stanno per calare e tutti corrono a casa perché c’è il coprifuoco, non c’è tempo per festeggiare questo soldatino a cui domani scade il permesso speciale.

UN FANTE SENZA BICICLETTA

“Io sono qui per dare soldati all’esercito e Fausto Coppi è un soldato come gli altri. Non so niente di lui come ciclista, non conosco le sue imprese e non mi interessano. Mi è stato assegnato come soldato e farò di lui un soldato” , è la risposta molto decisa che il colonnello ha dato ai due ufficiali che sono andati a parlargli di questo fante che ha battuto il record dell’ora, dando grande prestigio all’Italia.

“Un soldato dà prestigio alla Patria combattendo con le armi in pugno e non sgambettando su una bicicletta”, è la battuta che non ammette repliche.

Niente più allenamenti, niente più corse.

L’Italia invia molte truppe in Tunisia, agli ordini del generale Messe.

In uno di questi reggimenti c’è anche Fausto Coppi. Il colonnello è irremovibile anche perché i dirigenti della Federazione non hanno fatto alcuna pressione.

Durante il viaggio Fausto ha potuto riflettere sul trattamento particolare che gli è stato usato e gli sembra che in Italia abbiano voluto sbarazzarsi di lui. “Perché Bartali è stato assegnato ai servizi sedentari, e tutti gli altri corridori hanno ricevuto un trattamento di riguardo ?” Lo ha chiesto alla Federazione ed alla Legnano ma nessuno gli ha risposto.

Tutti hanno dato la colpa al terribile colonnello fascista ligio al dovere che finge di non saper nulla di lui, ma non basta perché c’era stato più di un anno di tempo per farlo spostare ad altri reggimenti che avevano comandati più sensibili. Nessuno ha fatto niente e si è permesso che un campione come lui, un patrimonio per lo sport italiano, venisse mandato al macello senza un occhio di riguardo.

            LA MALARIA ED IL CHININO DEGLI INGLESI

            La sera, nei letti a castello della baracca di legno, tutti stentavano ad addormentarsi tormentati dal caldo e dalle zanzare ma anche dall’aggressione dei ricordi e dall’angoscia.

            Chissà dov’è ora Bartali, se almeno lui l’ha scampata ?

Magari, mentre lui sta lì in Africa ridotto alla condizione di prigioniero, Gino continua tranquillamente ad allenarsi e quando si rivedranno, se si rivedranno, lui non riuscirà a stargli dietro neppure per cento metri.

            “Quasi quaranta” , sentenzia il medico inglese che gli ha appena tolto il termometro dall’ascella, “chinino, subito due pasticche, poi una ogni sei ore”. E’ la malaria, la terribile anofele che ha colpito anche lui.

SIAMO VENUTI A PRENDERTI

            Il tenente inglese Towel a Caserta, nel campo di concentramento in Italia, non capisce tutto il rumore che si sta facendo attorno a questo prigioniero. E’ inglese e pochi inglesi si intendono di ciclismo. Si informa e capisce.

            “Io non posso mandarti a casa” gli dice, “e poi non potresti andarci,  però ti darò i permessi che mi chiedi per allenarti. Non voglio che un giorno si dica che ho privato l’Italia di un campione così celebrato come te”.

            Un certo Busani , arruolato presso il comando alleato di Caserta, gli procura una bicicletta con la scritta “Nulli” di un artigiano di Roma.

            E’ lo stesso Busani che un giorno lo viene a prelevare al campo urlandogli contento : “Indovina chi è arrivato ?”

            Sul camioncino, vestiti da corridori, con tanto di bicicletta da corsa, ci sono quattro uomini. Fausto si blocca e il primo a riconoscere è Gino, il grande Bartali, il Capitano. Gli altri sono Leoni, Ricci e Volpi.

            “Allora, Pallino …..” Gino lo ha chiamato Pallino, come lo chiamò quattro anni e mezzo fa “come va il ciclismo, vai sempre forte ?  Siamo venuti a prenderti, ce l’hai una bicicletta ? “

            “Magari potessi venire, la bicicletta ce l’ho ma sono sempre un prigioniero”

            Il bravo tenente Towel capisce la situazione e dà il permesso al prigioniero di andare con questo Bartali ma  “fra cinque giorni ti rivoglio qui. Intesi ?”

            Organizzarono qualche circuito vicino alla capitale intascando finalmente un po’ di sodi.

1946 LAPRIMA SANREMO DOPO SEI ANNI DI GUERRA

            Durante l’inverno si è sposato ed è andato a vivere a Sestri Levante presso la famiglia di lei.  E’ inoltre passato alla Bianchi, imponendo a Zambrini, che non batte ciglio, anche l’ingaggio al buio del fratello Serse.

            Nella Milano-Sanremo appena la strada comincia a salire, nel suo stile impeccabile, in simbiosi perfetta con la bicicletta e senza alzarsi mai sui pedali in una progressione irresistibile, comincia a fare il vuoto dietro di sé. In cima al colle soltanto il francese Tessaire gli ha resistito.

            A Sanremo arriva solo, dopo una fuga di quasi duecento chilometri. Bartali arriva dopo diciotto minuti , una sconfitta così non l’aveva mai avuta. “Lo aspetto al Giro  il vostro Coppi” dice barbottando mentre sale sulla macchina di Pavesi.

            LAPRIMA FRATTURA AL GIRO D’ITALIA

            Il Giro comincia male per Fausto, in una delle prime tappe cade e si incrina una costola. Stringe i denti e spera che Bartali non se ne accorga ma alla prima tappa con molte salite lascia al suo rivale quattro minuti.

            I medici vogliono il suo ritiro, anche Cavanna insiste per il suo abbandono ma Fausto per tranquillizzarli promette di ritirarsi , però soltanto dopo aver vinto almeno una tappa. Non si ritirerà neanche dopo aver vinto due tappe sulle Dolomiti.

            Per meno di un minuto da Bartali Fausto perde il Giro d’Italia, una corsa che ha portato avanti con grande dolore e che aveva perduto fin dalle prime tappe.

AL GRAN PREMIO DELLE NAZIONI A PARIGI

            I francesi vogliono vedere Coppi da vicino e lo invitano al Gran Premio delle Nazioni che si tiene nel settembre a Parigi. All’invito Fausto risponde con un telegramma: “Arrivo alla Gare de Lyon il giorno 20 settembre. Sarò accompagnato da una signora in stato interessante , mia moglie, e terrò in mano una copia della Gazzetta dello Sport”

            I parigini possono finalmente vedere questo atleta la cui fama ha passato le Alpi e Fausto non può esimersi da vincere, battendo clamorosamente proprio Gino Bartali davanti agli occhi di Bruna. La vittoria è nettissima, tanto che tutti gli avversari vengono doppiati, tranne Gino che gli resiste fino agli ultimi giri per poi cadere di schianto.

Fausto è il nuovo idolo dei parigini.

ARRIVA MARINA, CORRIAMO A CASA

            Nel giro di Lombardia, ai piedi della salita del Ghisallo, Fausto è in testa al gruppo quando viene raggiunto dall’ammiraglia della Bianca che lo affianca. Pinella De Grandi gli urla “è femmina !”

            Gino scherza, “ora che sei diventato padre devi mettere la testa a posto”.

            La notizia moltiplica le forze di Fausto che sul Ghisallo pianta tutti. Bartali lo vede sparire sulla salita, mentre il solito Ricci gli grida “lo devi capire, ha fretta, non vede l’ora di andare a vedere sua figlia … !” .

E Bartali pensa che uno di questi giorni a quel Ricci gli tirerà il collo.

 

 

1947 – RESA DEI CONTI AL GIRO D’ITALIA

            Alla quarta tappa, sull’Abetone Fausto e Gino si trovano appaiati, nessuno ha saputo resistere alla loro furia. A Prato vince Fausto ma Gino veste la maglia rosa.

            Il Giro avanza verso i tapponi dolomitici dove Fausto sa che ci sarà la resa dei conti. A Castiglion Fiorentino Serse cade e Fausto si ferma per soccorrere il fratello che non ce la fa a rialzarsi perché la gamba sanguinante ciondola come un moncherino. Serse lo incita a ripartire e a non pensare a lui. Fausto rientra nel gruppo senza tanto penare perché nessuno ha approfittato della disgrazia di Serse.

            A Trento dopo una cavalcata solitaria di più di cento chilometri, arriva nel tripudio della folla. Appena taglia il traguardo, scattano i cronometri. Fausto è sicuro di avercela fatta, ma l’esperienza dell’anno scorso non lo fa stare tranquillo. Le lancette del cronometro scorrono lente ma inesorabili : quando arriva Bartali, in un gruppetto con il quale ha tentato un inseguimento disperato, sono trascorsi quasi cinque minuti.

            Fausto ha vinto il suo secondo Giro d’Italia. Bartali va a congratularsi con lui “sei stato bravo”, gli dice Gino, “ma ricordati che non è finita qui … mi avrai sempre alle costole. Capito, Pallino ?”.

1948 – LA GRANDE CORDATA DI SPINTE PER IL TERZO UOMO

            Il Giro si svolge dopo le elezioni del 18 aprile cha hanno dato una svolta al paese. Il Giro si svolge in una atmosfera infuocata, in cui la rivalità fra Coppi e Bartali si è acuita ed è ancora caricata di significati politici.

            I due procedono guardandosi in cagnesco e perdono molti minuti a favore di Cecchi e Magni. Coppi però si scuote e nei tapponi dolomitici va decisamente all’attacco.

            Sul Pordoi, Fausto se ne va alla sua maniera, in progressione, quasi senza sforzo, fin da quando la strada comincia a salire.

A Trento la folla è in delirio. “Sono con me” pensa Fausto mentre taglia il traguardo, “gli sportivi non mi hanno abbandonato, sono sicuro di avercela fatta ampiamente”.

            Inaspettato arriva Fiorenzo Magni solo dopo poco più di due minuti !!!!

“Come è possibile” urla Fausto a Tragella, “Magni in salita bisogna spingerlo”.

“Appunto” , risponde Tragella, “lo hanno spinto per tutto il Pordoi, ma stai tranquillo perché sono stati troppo sfacciati. Hanno organizzato una catena di decine di persone che lo hanno portato in carrozza fino alla cima”

Che la vittoria al Giro del ’48 sia stata voluta in alto non possiamo dirlo, certo è che Fiorenzo Magni è stato sfacciatamente favorito dalla giuria che lo ha punito in maniera soltanto formale per un gesto non spontaneo ma premeditato ed organizzato.

Si trattò di tre pullman carichi di dipendenti della Willier Triestina, la “casa” di Magni: 150 addetti alla spinta disposti sui tornanti più aspri.

Magni è l’unico corridore, forse uno dei pochissimi atleti italiani che si è schierato politicamente. Fra il blocco democristiano e quello di sinistra, ha scelto ….. quellodi destra.

La giuria non punì Magni e allora tutta la Bianchi e Coppi abbandonarono il Giro. Un vero scandalo.

Fausto urlava “Ditemi perché nel ’43 hanno fatto partire soltanto me per il fronte, mentre tutti gli altri , a cominciare da Bartali,  hanno fatto il servizio militare a casa; perché mi hanno fatto battere il record dell’ora con sole due settimane di preparazione. Nemmeno l’uso del Vigorelli per gli allenamenti mi fu concesso. Era stato stabilito fin dall’inizio che questo giro d’Italia doveva vincerlo Bartali, e siccome Bartali non ce l’ha fatta, l’hanno fatto vincere a Magni, …. a spinta.”

La Federazione non convocò Coppi per metterlo nella squadra che doveva disputare il Giro di Francia per ritorsione perché  aveva abbandonato la corsa più importante sul suolo italiano.

In Francia corse Bartali vincendo in modo stupendo il Tour ,  dopo dieci anni dal suo primo successo e nella famosa tappa sulle Alpi calmò gli animi degli italiani scossi dall’attentato a Togliatti.

IL CAMPIONATO DEL MONDO A VALKEMBURG

La rivalità far Coppi e Bartali e il loro annullarsi reciproco si constatò al campionato del mondo, in Olanda, su un tracciato completamente piatto. Si controllarono sempre senza mai prendere l’iniziativa di rincorrere chi si dava alla fuga e quando il loro distacco dai primi si fece incolmabile, insieme si ritirarono. Si beccarono due mesi di squalifica.

Nei Giri dell’Emilia e della Lombardia Fausto sfoga la sua rabbia vincendoli con grande distacco.

1949- UN ANNO STRAORDINARIO PER IL “CAMPIONISSIMO”

Coppi vince subito con grande distacco sia la Milano-Sanremo che il Giro di Romagna. Stravince il Giro d’Italia dando ventiquattro minuti di distacco a Bartali che arriva secondo. All’Autodromo di Monza dove si conclude il Giro la folla gli riserva accoglienze trionfali al grido di Parigi !  Parigi !

AL Tour le cose andarono normalmente alle prime tappe ma in quella con arrivo a St. Malo Coppi era in fuga ma in una caduta la sua bicicletta fu completamente rovinata. Il fatto di non avere la macchina di Binda o l’altra al seguito della corsa, pronta a dare la bicicletta di riserva, fece perdere le staffe al nostro corridore che era uno dei due capitani della squadra. Vomitando bile e ridotto ad uno straccio come gli capitava quando i suoi nervi cedevano non c’era verso di convincerlo a continuare la corsa.

Poi arriva Bartali, strappa una bottiglia di mano ad un ragazzo, si avvicina a Fausto e gliela versa sulla testa, poi gli massaggia la faccia con forza e con parole amorevoli lo convince a ripartire. “Dài, Fausto, non fare il bambino, monta in bicicletta chè si va insieme”. Per Fausto è come un lampo, un ritorno indietro di nove anni, quando sulle Dolomiti il suo capitano lo rianimò con una manciata di neve. “Dài, Pallino, vieni con me chè ti porto al traguardo”.

Il ritardo di Coppi in classifica generale dopo la tappa di St. Malo era di 35 minuti !

Vinse  il Tour con oltre dieci minuti su Bartali, giunto secondo, e con oltre venticinque minuti sul terzo.

Per dire quale fu il trionfo di Coppi in questo Tour basta sentire quello che disse Magni, il capitano della seconda squadra italiana  in corsa: “Era un rullo compressore. Il Tour l’ha stravinto. Sono diventato maglia gialla a Pau. Avevo trentacinque minuti su Coppi. Alla fine, a Parigi, ne avevo quarantadue di ritardo. In dodici giorni di corsa ho perso un’ora e un quarto”.

Geminiani aveva giurato ai suoi concittadini di Clermont-Ferrand di vincere sul Puy de Dòme. Robic, un po’ ampolloso, aveva giurato la medesima cosa a tutti i francesi. Col suo cono alto 1415 metri, il Puy de Dòmeè un po’ il Vesuvio spento di Clermont-Ferrand.

“Fu quella una delle grandi vittorie di Coppi” raccontava Fiorenzo Magni. “Forse la più stupefacente per la potenza, l’agilità che espresse in pochi tornanti. Fulminante ! Volevamo tutti che vincesse Gino. A metà salita, Bartali era in testa con Geminiani e Nolten, un giovanissimo, uno spilungone che andava forte in salita. Ma quella era una pendenza da capre, un muro. Mostruosità adatte al vecchio Gino. Pensavamo che, prima o poi, avrebbe stracciato quei due. Dietro, tutta la squadra tricolore badava a proteggere quella fuga. Poi, Binda ci venne a dire che Nolten aveva staccato Bartali. Dai nostri tornanti lo si vedeva, Nolten, in testa. Partì Fausto. Un motore compresso. In pochi chilometri recuperò un sacco di minuti . Sfilò Geminiani. Sfilò Bartali. Sfilò Nolten. E vinse. Il Tour era davvero finito”. 

Gli applausi sono tutti per ‘Fostò’ che non dimentica l’aiuto e la solidarietà di Gino. Dopo un giro d’onore, Fausto prende per mano il suo compagno Gino e lo porta con sé a prendere gli applausi di Parigi, come fa il primo attore quando porta i suoi compagni alla ribalta.

Sempre in questo fatidico 1949 perde in volata il Campionato del mondo su strada ma vince quello ad inseguimento su pista. Vince il Campionato Italiano ed il suo quarto consecutivo Giro di Lombardia.

Disse di lui LouisonBobeta proposito di questo Giro di Lombardia: “E’ partito sul falsopiano prima dei tornanti del Ghisallo. Mancavano settanta chilometri a Milano. Aveva tutto il gruppo, tutta la muta che, scatenata, cercava di acchiapparlo. Arrivammo al Vigorelli che aveva già i fiori e stava nell’assedio dei giornalisti”.

1950- LA CADUTA AL GIRO D’ITALIA

Alla Parigi-Roubaix vinse con 45 chilometri di fuga nell’inferno del Nord: traballamenti, scossoni, polvere di carbone.

Al Giro d’Italia cade e si frattura il bacino.

Fausto ha subito nella sua carriera ben 11 fratture che lo hanno fermato per mesi in letti d’ospedali di tante città diverse.“Perché gli altri cadono e si rialzano ed io invece mi fratturo sempre” chiedeva Fausto al suo Cavanna ? “E’ il prezzo che paghi alla tua fortuna!”, gli aveva risposto il cieco “le tue ossa sono fragili perché sono leggere come quelle degli uccelli che devono volare ….”

I rapporti con la moglie Bruna sono tornati un po’ più sereni, ora che lei può avere il suo Fausto tutto per sé e soprattutto assaporare quella vita coniugale che in quattro anni di matrimonio non ha mai conosciuto. Ma Fausto, anche dopo questa nuova caduta e frattura, non pensava assolutamente di lasciare il ciclismo e allora,di nuovo, alcune ombre erano arrivate a turbare la loro vita familiare. Bruna voleva che Fausto appendesse la bici al classico chiodo. C’erano già i soldi per stare tranquilli, perché continuare a rischiare la vita su quei due pezzi di ferro ?

1951- LA MORTE DI SERSE

Le capacità di ripresa di Coppi sono veramente eccezionali, già a gennaio è in grado di riprendere gli allenamenti.

A marzo è pronto per la riscossa ma al debutto, nella Milano-Torino, nella volata finale cade rovinosamente e si frattura la clavicola.

Fausto però è una roccia di volontà: continua gli allenamenti a casa, con la spalla fasciata, sulla bicicletta con la ruota ferma, per cui arriva pronto al Giro d’Italia dove ottiene un onorevole quarto posto.

Prima del Tour c’è il Giro del Piemonte dove gareggia con Serse. L’amato fratello che procede poco avanti a lui va ad incastrare la ruota nella rotaia del tram e cade rovinosamente battendo la testa sul marciapiede. Fausto lo vede risalire in sella e proseguire con calma ma dopo poco tempo dopo, in albergo, Serse si sente male e la morte arriva tremendamente veloce.

“Prometticelo Fausto che lascerai stare questa maledetta bicicletta” dicono mamma Angiolina e Bruna a Fausto che si è chiuso in un mutismo assoluto e non vuol vedere nessuno.

Ma a Bartali non può negarsi. Dopo un abbraccio muto, sono ora l’uno di fronte all’altro. Gino sempre così loquace non trova ora nemmeno una parola ma finalmente dice a Fausto: “ti ho mai raccontato di mio fratello ?” continua Gino senza aspettare la risposta “era anche lui più giovane di me e non ho mai saputo se corresse per vocazione o per affetto nei miei confronti. Penso che Giulio fosse più forte di me, quando uscivano insieme in allenamento, mi batteva in pianura e in volata, e in salita riusciva a tenere il mio ritmo meglio di tanti professionisti. Morì nell’uro di una automobile che veniva in senso contrario e che era sfuggita a tutte le segnalazioni. Volevo smettere come te, volevo dare retta alla mia mamma, ma poi cedetti alle pressioni delle mie sorelle, dei miei colleghi, degli amici, dei tifosi. Tutti mi dicevano : “fallo per Giulio, lui vorrebbe così, lui non ti chiederebbe mai un sacrificio così grande, tu non hai il diritto di lasciare il ciclismo”. Capii che non ne avevo il diritto e continuai …..” Gino rimane un attimo in silenzio poi conclude “anche tu non hai il diritto di smettere, Fausto ….”

La moglie Bruna capisce presto di aver perduto la s

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